Acqua e bombe su Bombay, mostro urbano d’India – Terza parte

Pubblichiamo la terza parte di un racconto su Bombay, odierna Mumbai, megalopoli indiana, a cura di Francesco Cecchini (qui il link alla prima parte, qui il link alla seconda parte). La foto in evidenza è di Pexels via Pixabay.

Lo sceneggiatore di Bollywood

Sono con Pramod Singh, parliamo, beviamo birra. Pramod fuma bidi, io sigari cubani che qui si trovano a buon prezzo. Pramod lavora come sceneggiatore di film bollywoodiani. Per uno sugli scontri tra indù e mussulmani ha letto di tutto su cosa hanno combinato questi indiani di religione avversa. Pramod mi racconta che B.R. Ambedkar, l’uomo contro Gandhi e le caste, scrisse delle rivolte tra indù e mussulmani a Bombay tra il 1923 e il 1938. In quei nove anni furono una decina con centinaia e centinaia di morti e feriti. Una guerra sanguinaria. 

Il film di Pramod però è ambientato durante i giorni del novembre 2008, quando Bombay fu attaccata brutalmente per una sessantina di ore da militanti islamisti. Guidati dai membri dell’organizzazione terroristica Lashkar-e-Taiba, con sede in Pakistan, gli attacchi del 26 novembre provocarono 164 morti e 300 feriti. L’aggressione colpì il Leopold Cafè, gli hotel di lusso Taj Mahal Palace & Tower e Oberoi Trident, il capolinea ferroviario Chhatrapati Shivaji, un centro comunitario ebraico a Nariman House, il Metro Cinema e l’ospedale Cama. Il primo luogo ad essere attaccato è stata la stazione ferroviaria, una delle più trafficate del mondo. Due uomini hanno eseguito l’attacco, dopo aver fatto fuori facilmente due guardie dotate solo di un fucile da condividere. 58 morti è stato il risultato finale.

Allo stesso tempo, tra le 9.30 e le 9.48 di sera, altri membri del gruppo terroristico attaccarono un famoso caffè frequentato da molti stranieri, il Leopold Cafè. Gli aggressori spararono indiscriminatamente con armi automatiche tra la folla, lanciando anche granate. L’attacco ha lasciato 10 morti e molti feriti.

Al Leopold Cafè

La sceneggiatura di Pramod racconta solamente quello che accadde al Leopold Café, non il tipico film di Bollywood con danze e canzoni, ma grida, colpi di mitra e sangue. Il titolo sarà Cafè Leopold 26-28/11. Protagonista è un cameriere scampato alla strage. Pramod ha come modelli film come Satya o altri, che pur prodotti a Film city, la Cinecittà di Bombay, sono violenti. Da un libro di appunti mi legge una conversazione realmente avvenuta tra un contatto in Pakistan ed uno degli aggressori. Il pakistano incita a combattere e il combattente islamico risponde Amen! La conversazione è parte della sceneggiatura.        

Fratello, devi combattere. Questa è una questione di prestigio dell’Islam. Combatti così la tua battaglia, diventa un esempio luminoso. Sii forte nel nome di Allah. Potresti sentirti stanco o assonnato, ma il Commando dell’Islam ha lasciato tutto alle spalle. Le loro madri. I loro padri. Le loro case. Fratello, devi lottare per la vittoria dell’Islam. Sii forte. Amen!

Tra filosofi, spacciatori, aspiranti attrici e gangster

Decidiamo di andare a bere un’altra Kingfisher al Leopold Cafè. Venni a sapere che Leopold Cafè esisteva leggendo Shantaram dell’australiano Gregory David Roberts, ex-rapinatore, ex-studente di filosofia, ex-evaso da un carcere di pubblica sicurezza e un tempo sul conto-paga della mafia di Bombay. Nel romanzo il Leopold Cafè è il luogo di ritrovo di ubriaconi, filosofi, spacciatori, aspiranti attrici di Bollywood e gangster. Si trova a Colaba ed è un’icona di Bombay. 

Entriamo e vediamo che vi sono ancora ricordi dell’aggressione. Nei muri vi sono fori di pallottole e le intaccature del pavimento di pietra sotto le scarpe sono  stata causate dall’esplosione della granate. Tutto lasciato a proposito come parte dell’arredo per attirare turisti. Seduti vicino a uno specchio, beviamo le birre e continuiamo a parlare della sceneggiatura del film. Molte scene saranno girate all’interno del Leopold Cafè e la maggior parte delle comparse dovranno essere stranieri. Cosa non difficile, ai turisti piace apparire in film di Bollywood.

Cibo e bombe. Il ristorante hindi

Decidiamo di cenare ed usciamo. Fuori è sera, sta iniziando la notte e Bombay non dorme mai; non solo club e bar con musica e ragazze, ma mercati notturni, negozi, librerie. Quasi di fronte al Leopold Cafe vi sono due ristoranti, uno mussulmano e l’altro hindi. Scegliamo il ristorante hindi, il nome è Hotel Majestic, ma non è un albergo. All’entrata vi è un piccolo Ganesha, Ganapati, il dio dalla testa di elefante e dal corpo umano che rimuove gli ostacoli. Om Sri Ganeshaya namaha. Mi inchino al Signore Ganesha, lo salutano con un piccolo inchino e le mani giunte due indiani che entrano con noi. Pramod traduce. 

I camerieri sono a piedi nudi. La cucina è vegetariana. Pramod ordina un piatto vegetariano duro e puro, io, l’unico non strettamente vegetariano, del pesce fritto, eccezionalmente nel menù, mi dice il cameriere. Entrambi beviamo lassi zuccherato e speziato. Pesce fritto e lassi rischiano di farmi vomitare. Per una decina di minuti Pramod mi racconta che mentre vi sono ancora due villaggi dove ancora si parla il sanscrito, sta prendendo piede l’inglish, un misto di inglese e di hindi. Presto però torniamo a ricordare le pallottole e le granate che hanno distrutto edifici e vite umane. Cibo e bombe, insomma.

A notte ripenso alle parole di Pramod, stento a dormire e ricordo le bombe ai treni dell’11 luglio 2006, il giorno prima della mia partenza, quando la città venne colpita da una nuova catastrofe. Questa volta non si tratta del Dio della Pioggia, ma di una pericolosa organizzazione terroristica islamica chiamata Lashkar-e-Quahhar. Sette esplosioni in sette stazioni diverse squarciano il ferro dei treni e lacerano impietosamente i corpi di uomini e donne. In un pugno di minuti la morte sorprende coloro che, dopo una lunga giornata di lavoro stipati nei vagoni dei treni, stavano rientrando a casa. La folla, che a quell’ora brulica nei bazar e nei mercati circostanti, assiste in diretta all’orrore. Il bilancio è drammatico: 181 morti e 890 feriti. La città sembra in stato di guerra.

Le sirene delle autoambulanze urlano, il traffico è bloccato, la gente si accalca impaurita mentre centinaia di poliziotti cercano di mettere ordine al caos. Nelle stazioni semidistrutte si vedono ancora disseminati pezzi di gambe e braccia umane.

Mentre le parole di Pramod mi hanno raccontato il 26 novembre 2008, l’11 luglio 2006 l’ho vissuto in prima persona.

Pochi giorni dopo Pramod mi informa che la sua sceneggiatura non diventerà film. Altrove le sceneggiature sono di ferro, tutto viene indicato: i dialoghi, l’azione, le singole inquadrature. La sceneggiatura viene affidata al regista che deve metterla in scena così, senza variazioni. Non a Bollywood, Film City, dove chi comanda non è lo sceneggiatore, ma il regista, anche più di chi mette i soldi. La sceneggiatura di Pramod, poco bollywoodiana, non è piaciuta al regista. Comunque Pramod è stato pagato e forse cercherà i soldi per Cafè Leopold 26-28/11.