Cremaschi: “Palestina, salari e stato sociale. Noi contro Meloni e l’impero Usa”

Un “genocidio” avallato dagli Stati Uniti e dall’Occidente. La guerra di Israele alla Palestina come tassello di una strategia di reazione di un impero decadente, a cui il mondo non vuole più sottostare. E ancora: trent’anni di regressione sociale, soprattutto in Europa, oggi “cagnolino ringhioso” degli Stati Uniti. Dalle privatizzazioni ai no su scioperi e salario minimo: un governo “liberal-reazionario”, quello di Giorgia Meloni, frutto però di una stagione sulla stessa linea. A parlare con Ventuno è Giorgio Cremaschi, sindacalista di lungo corso ed esponente di spicco di Potere al Popolo, di cui è stato portavoce nazionale, oggi dentro Unione Popolare. Un cantiere ancora in costruzione, anche se le Europee si avvicinano.

Foto tratta dal profilo Facebook di Giorgio Cremaschi

Partiamo dal tema più caldo, ovvero la guerra. Domenica 17 dicembre c’è stata un’assemblea pubblica di Unione Popolare su quanto sta avvenendo a Gaza. Perché siamo a questo punto?

“Siamo a questo punto perché Israele ha il disco verde da parte degli Stati Uniti e delle potenze occidentali per commettere un genocidio in Palestina, di cui gli Usa e il governo italiano sono diretti complici. A Israele è concesso quello che a nessuna nazione al mondo è concesso, ovvero l’impunità totale per i crimini più feroci. Io penso che non sia più solo una questione di dimensione politica ma di vera e propria criminalità. Tutti i capi di governo che hanno appoggiato le stragi di Netanyahu – da Biden a Meloni, da Macron a Scholz – dovrebbero finire, insieme a lui, alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia”.

Eppure perché sembra che non ci sia nemmeno più una forte spinta per opporsi a questo andazzo?

“No, la spinta c’è. Ci sono manifestazioni immense in tutto il mondo da due mesi a questa parte. Oggi come non mai i palestinesi rappresentano una bandiera di libertà per tutto il mondo. Certo, il sistema di potere occidentale si è arroccato in difesa di questo andazzo. Basta vedere come si è votato all’Onu: 153 paesi, quindi più di trequarti dell’umanità, hanno votato per un immediato cessate il fuoco, mentre una minoranza di paesi che però rappresentano la parte più ricca del mondo si è opposta, a partire dagli Stati Uniti. Oggi questa è la situazione di fondo”.

Quale?

“Un sistema coloniale e imperiale occidentale che sta perdendo il controllo del mondo e che reagisce con la guerra. Siamo di fronte alla caduta dell’impero americano, come è successo a tutti gli imperi, che non è disposto a riconoscere che il mondo è cambiato e non vuole più stare agli ordini degli Usa. Dietro questo c’è anche la causa economica: gli Usa, che hanno un enorme debito, non sono più la potenza economica mondiale di prima, perché devono dividere questo condominio con la Cina, quindi difendono la propria industria in modo protezionistico. La guerra – in Ucraina o in Medio Oriente attraverso Israele – sta diventando lo strumento con cui l’Occidente difende le proprie posizioni di potere”.

Abbiamo accennato anche alla guerra in Ucraina: pur premettendo che sono situazioni e contesti molto diversi, abbiamo notato un’incoerenza totale nell’approccio, rispetto alla guerra in Medio Oriente.

“Beh, sì, questa è la Terza Guerra mondiale a pezzi di cui ha parlato in tempi non sospetti il papa. I pezzi un po’ alla volta si stanno attaccando, questo è il rischio vero. Quando Biden dice ‘Se Putin vince in Ucraina potremmo mandare i soldati Usa a combattere’ fa una dichiarazione da Terza Guerra mondiale e non a pezzi”.

E l’Europa dov’è?

“L’Europa, che in passato ha avuto, pur con tutte le sue contraddizioni, un ruolo di mediazione, oggi è totalmente soggiogata agli Stati Uniti, di cui è il cagnolino ringhioso”.

Perché le opinioni pubbliche mondiali e l’Onu nella sua stragrande maggioranza hanno un approccio diverso, mentre la Ue e il governo italiano sono così appiattiti sulle posizioni guerrafondaie degli Stati Uniti? La stessa opposizione, che dovrebbe rappresentare una diversità di vedute, è molto annacquata sulla vicenda della guerra.

“L’opposizione ufficiale che sta in Parlamento sì. A Roma c’è stata una manifestazione enorme il 28 ottobre: noi c’eravamo ma non c’era un solo parlamentare dell’opposizione, anche di quelli che dicono di stare contro la guerra. Io voglio rispondere con un nome: Mario Draghi. Tutti hanno governato con lui, tranne Giorgia Meloni che però ora lavora sull’agenda di Mario Draghi e sotto dettatura di Mario Draghi”.

E quindi?

“Il sistema politico italiano e in parte anche europeo è un sistema finto in cui le élite sono riuscite a costruire un’alternanza tra simili, per cui è vero che litigano, ma sul 98% della politica sono tutti d’accordo. Sulla Nato e sulla politica estera, sui vincoli economici liberisti e sulle politiche di austerità della Ue sono tutti d’accordo. Cosa resta di differenza? Purtroppo siamo di fronte a una degenerazione della democrazia in Europa: lo stato sociale viene distrutto con le privatizzazioni e con il modello Ue che ha come avversario lo stato sociale stesso. E la democrazia è ridotta a un sistema di potere di alternanze tra simili che portano a escludere tutto ciò che è davvero alternativo. Determinante in questo, soprattutto in Italia, è il ruolo dei media: tranne poche eccezioni sono tutti asserviti”.

Per stare ancora sulla Palestina e sul ruolo dell’opposizione, lo scorso 5 dicembre a Roma c’è stata una manifestazione contro l’antisemitismo. C’erano solo poche centinaia di persone ma tutti i partiti rappresentati in Parlamento, con l’eccezione solo di Si/Verdi. È davvero quello il tema in questa vicenda o è uno spauracchio?

“È una sporca operazione, una specie di arma finale ideologica usata per tacitare ogni critica a Israele. Lo dicono tanti scrittori e intellettuali ebrei, come Masha Gessen, che si è vista togliere un premio in Germania con l’accusa di antisemitismo. Penso che l’uso attuale dell’antisemitismo sia una forma di fascismo, di assoluta intolleranza che serve a giustificare un genocidio”.

Torniamo in Italia. Come Unione Popolare poche settimane fa avete presentato 70mila firme al Senato a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare sul salario minimo. Perché la maggioranza, che ha bocciato una proposta simile presentata dalle opposizioni, e il governo non sembrano avere alcuna intenzione di approvare questa misura “progressista” di cui il Paese, anche stando ai sondaggi, sembra avere bisogno?

“Perché è un governo di estremismo confindustriale. Non è un governo populista, è saldamente liberista. È sempre più evidente nel mondo, per esempio in Argentina con la vittoria di Milei, la saldatura tra forze reazionarie fasciste e i liberisti: sta avanzando una sorta di liberal-fascismo che unisce l’autoritarismo, il razzismo contro i migranti e le politiche di guerra e fedeltà estrema alla Nato con politiche economiche liberiste che hanno lo scopo fondamentale di abbattere i salari e i diritti dei lavoratori. Il governo è contro il salario minimo semplicemente perché la Confindustria è contro il salario minimo. Una legge sul salario minimo farebbe crescere tutti i salari, non solo quelli minimi: questo è il vero motivo. Aggiungo che la nostra proposta è diversa da quella presentata dalle opposizioni non solo perché ha un euro in più (10 euro, ndr), ma anche perché prevede una rivalutazione semestrale. Inoltre siamo contrari al fatto che lo Stato finanzi le imprese non in grado di pagare il salario minimo: se un imprenditore non riesce a pagare dieci euro di salario è meglio che cambi mestiere”.

Da ex sindacalista, un commento sugli scioperi di queste settimane? Il ministro Salvini ha dichiarato guerra.

“Ho partecipato alle manifestazioni dell’Usb in questi giorni. Penso sia una battaglia sacrosanta e che questo attacco al diritto di sciopero faccia parte di una forma di fascistizzazione del Paese. In Italia c’è una legislazione sugli scioperi tra le più severe: in Germania, dove non ci sono le fasce di garanzia, hanno potuto fare una settimana di sciopero dei trasporti. Questo governo raccoglie ed estremizza tutto ciò che hanno fatto i governi precedenti, anche sul diritto di sciopero. Se ci fosse una stampa un po’ meno asservita farebbe notare questa contraddizione: il governo ha detto no al salario minimo perché – a suo dire – i lavoratori devono recuperare i soldi con i contratti, poi però quando i lavoratori dei trasporti, che prendono paghe da fame, scioperano per i loro contratti si bloccano gli scioperi. E allora si vuole che i loro salari siano bassi”.

Abbiamo citato Milei in Argentina. In Olanda ha vinto l’ultradestra di Wilders e negli Usa è probabile la rielezione di Trump. In Italia, nonostante una leggera flessione nei consensi per il governo, Meloni è ancora molto popolare. Come mai queste destre così regressive, a volte potremmo dire proprio becere, sono ancora molto popolari?

“In Argentina ha vinto Milei ma in Brasile ha vinto Lula. Direi che in Europa e negli Usa c’è la stessa tendenza: la crescita di forze reazionarie di massa e l’inconsistenza di alternative di opposizione. Credo ci sia lavoro anche per gli storici, perché sono gli ultimi 30 anni che hanno portato a questo. Dalla caduta del Muro di Berlino a oggi. Ce li avevano presentati come una fase di sviluppo, invece sono stati anni di enorme regressione sociale, soprattutto in Europa, con un arretramento della democrazia. E con un arretramento della democrazia avanzano le destre”.

È una fase storica in cui non emergono alternative totalmente diverse.

“Il campo della sinistra purtroppo è occupato da forze che spesso sono subalterne alle destre e impediscono la crescita di alternative. Lo vediamo dalle piazze sulla Palestina, piene di giovani. Chi li rappresenta? Nessuno. Noi di Unione Popolare lavoriamo per una prospettiva di alternativa non breve. Sono 30 anni che tutte le idee di sinistra vengono combattute non solo dalla destra ma anche dalla sinistra. La Repubblica, per fare un esempio, è un giornale di destra, non di sinistra!”

Ma come mai non si riesce a far crescere un’alternativa di vera sinistra? Qui veniamo alle vostre responsabilità: tanta gente non vota nemmeno più.

“Su questo non so dare una risposta. Noi facciamo quello che possiamo, cercando di mettere insieme le forze. Purtroppo abbiamo un sistema fondato sul voto utile: o si fa la scelta di allearsi con il centrosinistra, come Sinistra Italiana – sapendo che si può trovare uno spazietto “dentro” ma che alla fine diventerà ininfluente – oppure c’è la censura per chi sceglie di stare fuori. Per riportare la metà della gente che non va a votare occorrono lotte, mobilitazioni, iniziative che non sono semplici ma sulle quali lavoriamo”.

A giugno si vota per le Europee. Unione Popolare ci sarà? È in costruzione davvero o è l’ennesimo tentativo velleitario?

“Bisogna riparlarne all’inizio dell’anno prossimo. È in corso il tentativo di Michele Santoro di fare una lista pacifista (la lista Assemblea di La Valle-Santoro, ndr). Noi di Potere al Popolo dentro Unione Popolare non ci sottraiamo al confronto ma per noi la discriminante sarà la posizione sulla Palestina e sulla guerra: non possiamo allearci con chi non assume una posizione netta di rifiuto contro Netanyahu e di sostegno pieno alla causa palestinese. Noi siamo contro il regime israeliano e il suo sistema di apartheid”.

Ci sono discussioni anche dentro Rifondazione Comunista. Voi non volete alleanze con il M5s e il Pd di sicuro?

“Beh, questo è scontato perché non abbiamo la stessa posizione quasi su tutto”.

E con l’Avs (Alleanza Verdi-Sinistra)?

“In questo caso sono loro che hanno già deciso. Tra l’altro i Verdi hanno una contraddizione grande come una casa, perché in Italia hanno posizioni decenti ma in Europa sono liberal-guerrafondai fanatici della Nato: noi siamo agli antipodi”.