Coca Cola ha dichiarato guerra alla Coca Pola, la bevanda degli indigeni Nasa

Gli indigeni Nasa producono una birra chiamata Coca Pola che, a quanto pare, è finita nel mirino della multinazionale Coca-Cola. In una lettera pubblicata da Fabiola Piñacué, produttrice della bevanda indigena, gli avvocati chiedono che l’azienda indigena smetta definitivamente di utilizzare il nome Coca Pola o qualsiasi termine simile che si possa confondere con i prodotti della Coca Cola, in quanto si potrebbe sfociare nella concorrenza sleale.

Bevande a base di coca, la lotta degli indigeni Nasa contro il pregiudizio

La foglia di coca è da secoli un elemento tradizionale tra le popolazioni indigene del Sudamerica. Bevande energetiche, birre, brandy e rum sono solo alcuni dei prodotti ricavati dalla foglia di coca che provengono dal Cauca, regione colombiana abitata dagli indigeni Nasa, che hanno dovuto affrontare la storica stigmatizzazione di questa pianta. Una stigmatizzazione che ha generato forti pregiudizi, in gran parte generati dalla cocaina, coinvolgendo pesantemente le popolazioni Nasa e molti altri popoli Inca e amazzonici del Sudamerica.

Coca Nasa, la prima azienda comunitaria che offre prodotti a base di foglie di coca all’ingrosso in Colombia, si è posta l’obiettivo di combattere il pregiudizio nel settore commerciale. Il marchio di Piñacué vende infusi, bevande energetiche, cibo, coca medicinale e persino birra a base di foglia, battezzata Coca Pola. «Se un medico consiglia una birra, non esitate, la Coca Pola è l’alternativa salutare» – hanno scritto su Twitter il senatore Roy Barreras e Fabiola Piñacué.

Il senatore Roy Barreras e Fabiola Piñacué, fondatrice di Coca Nasa

«È impossibile a questo punto continuare a ignorarlo. Quindi, quello che abbiamo fatto è toccare quella sensibilità culturale, il sangue, perché portiamo la foglia di coca nel nostro sangue» – ha afferma Fabiola Piñacué, fondatrice di Coca Nasa, a Bbc Mundo – «Come hanno sempre detto che la coca è cocaina, allora abbiamo iniziato a dire che ‘la coca non è cocaina‘».

La foglia di coca non ha effetti psicotropi se non viene lavorata insieme ad altri elementi, come nel caso della cocaina, ed ha molteplici usi tradizionali nelle culture delle Ande. La pianta ha proprietà analgesiche, antinfiammatorie e, se masticate, le sue foglie danno energia e regolano la fame e la sete.

Ma la Coca Nasa ora deve affrontare anche una nuova sfida legale da parte della multinazionale Coca Cola che, attraverso i suoi rappresentanti legali in Colombia, ha chiesto che la parola “Coca” non venga utilizzata nei prodotti che vende. «Ci hanno chiesto di smettere di usare i marchi relativi alla foglia di coca che portano il nome “coca”. Questa richiesta è molto difficile da accogliere, perché la foglia di coca è patrimonio delle popolazioni indigene» – ha affermato David Curtidor, rappresentante legale della Coca Nasa – «È una disputa non solo spirituale, ma anche economica. Prima è stata con l’impero spagnolo che l’ha bandita, e ora con l’impero della Coca Cola».

La Coca Pola, birra prodotta dagli indigeni Nasa nel dipartimento del Cauca, ha un nome «molto simile dal punto di vista ortografico e fonetico al marchio del mio principale, che potrebbe generare confusione nel mercato e supporre un uso indebito della reputazione di Tccc (The Coca-Cola Company)» – ha dichiarato Coca Cola nel documento in cui minaccia azioni legali.

Come nasce la Coca Pola

Secondo la sua pagina web, Coca Nasa è un progetto nato nel territorio Nasa, che mira a «rivendicare l’uso tradizionale della pianta e fermare gli impatti negativi che gruppi illegali e narcotrafficanti hanno generato» intorno allo stabilimento, che è parte della cultura indigena, per scopi medicinali e rituali. «Dalla nostra Riserva Indigena di Calderas, Fabiola Piñacué, donna e leader della Nasa, ha intrapreso all’inizio degli anni ’90 la lunga strada per rivendicare la coca come pianta sacra, con la proposta di creare un’azienda di prodotti derivati ​​dalla foglia di coca, smettere di contribuire al rafforzamento delle proprie economie autogestite e sostenibili».

La Coca Pola è una birra prodotta dalla società Coca Nasa, un’impresa indigena che vende diversi alimenti, medicinali, aromi e altre bevande a base di foglia di coca, una pianta sacra per le comunità indigene.

Il suo nome deriva dal termine “pola”, termine che indica la birra in Colombia, e “coca”, diminutivo della pianta che è la materia prima per la cocaina. Il paese sudamericano è il più grande produttore mondiale di questa sostanza. L’idea delle bevande a base di foglie di coca è nata quando Fabiola Piñacué era all’Università di Bogotà alla fine degli anni Novanta, provando a produrre artigianalmente la soda dalle foglie di coca. Nel 2005 nasce Coca Sek, bevanda energetica che fin da subito ha conquistato il palato dei non-indigeni, ed in seguito sono arrivati il brandy Wallinde, la Coca Libre, il liquore Coca Ron e infine la birra Coca Pola.

«Lavoriamo da 25 anni per affinare la presentazione, il gusto e la qualità. Anche l’esposizione dei nostri prodotti, perché sono molto belli, perché colpiscono, perché abbiamo iniziato a giocare con tutta la cultura e i colori» – ha aggiunto Piñacué.

Fabiola Piñacué, foto dalla sua pagina Facebook

La birra Coca Pola non è ancora venduta in maniera massiccia, come gli altri suoi prodotti, in quanto è ancora un prodotto “artigianale al 100%”. Infatti la Coca Nasa, come azienda, ha solo 15 dipendenti.

Nonostante tutto, la polemica con la Coca Cola le ha dato visibilità e un nuovo slancio commerciale in Colombia, a detta dei suoi creatori. «Sembra che questo abbia infastidito i proprietari della Coca Cola, perché dicono che stiamo agendo scorrettamente, ma non è così, perché la foglia di coca, noi popoli, l’abbiamo ereditata» – ha detto Piñacué.

La battaglia con la Coca Cola

La famosa bibita Coca Cola prende il nome dagli estratti di foglie di coca che il suo creatore, il chimico di Atlanta John Pemberton, inizialmente mescolava con lo sciroppo di zucchero. A fine 1800, con le foglie di coca si faceva un estratto mescolato al vino producendo un dolce intruglio che permise a Pemberton di ignorare le leggi proibizioniste che vietavano la vendita di alcolici. Paradossalmente è la Coca Cola che dovrebbe rinunciare al nome, dal momento che si è ispirata alla pianta tradizionale indigena. Anzi, la Coca Cola non contiene nemmeno la “coca”. Piñacué ha attaccato la Coca-Cola come una «bevanda della morte», affermando che è responsabile di screditare la foglia di coca, producendo “la sua bevanda con un eccesso di zucchero e caffeina, che causano gravi malattie alle persone».

Il 26 novembre, lo studio legale Brigard Castro di Bogotà che rappresenta Coca Cola ha sollevato una sfida legale contro la Coca Pola venduta dalla Coca Nasa. Secondo una lettera scritta dagli avvocati di Coca-Cola in Colombia, il gigante delle bevande ha chiesto alle comunità Nasa di «cessare e astenersi definitivamente dall’usare il nome Coca Pola o qualsiasi termine simile che possa essere confuso con i marchi di proprietà».

Secondo Coca Cola, il suo utilizzo «potrebbe andare contro la legge sui marchi in Colombia», «può anche costituire una violazione della legge sulla concorrenza sleale». Queste norme sulla «proprietà intellettuale” consentirebbero alla multinazionale di «iniziare un’azione civile per violazione del marchio contro usi non autorizzati».

La lettera inviata dallo studio legale Brigard Castro

David Curtidor, legale di Coca Nasa, assicura che non è la prima volta che la multinazionale li minaccia legalmente. È la seconda causa della Coca Cola contro la Coca Nasa, poiché nel 2007, dopo il lancio di Coca Sek, hanno ricevuto una causa che alla fine è stata respinta dalle autorità. Con una produzione di 7mila birre al mese, Coca Pola è prodotta da quattro anni e dà lavoro a circa 22 persone.

«Ci minacciano di azioni legali e stiamo aspettando che avviino un processo, perché non accetteremo la loro richiesta minacciosa» – ha detto Curtidor a Bbc Mundo, aggiungendo – «Diversi gruppi di avvocati, università ci hanno offerto il loro supporto legale per difenderci nel caso ci facessero causa».

A Coca Nasa confidano di non poter essere costretti a rimuovere il nome “Coca” dai loro prodotti perché una risoluzione della Corte costituzionale colombiana ha concesso protezione per l’uso del termine alle popolazioni indigene.

«(…) Ci sembra molto importante essere i proprietari della conoscenza, dalla semina fino alla sua trasformazione e messa in prodotto» – ha affermato Piñacué.

«Sicuramente avvieranno un’azione legale martedì o mercoledì, che è quando scade il tempo di preavviso. Secondo la loro stessa promessa, a meno che non smettiamo di usare il termine Coca Pola. E poiché non smetteremo di usarlo, aspetteremo la domanda e risponderemo (…) Li abbiamo già affrontati e può sembrare un po’ maleducato, ma non li temiamo», ha avvertito il legale rappresentante della Nasa.

Tra i messaggi non sono mancati coloro che ritenevano che dietro le azioni di Coca-Cola contro le piccole aziende colombiane ci fossero eventi storici immobiliari: «Il mero colonialismo del 21° secolo, con la coca come pianta di uso ancestrale per i popoli indigeni».