Marta Collot (Potere al Popolo): «Casa, lavoro, sanità pubblica. Noi antifascisti fino in fondo»

Si presenta all’appuntamento con degli spartiti musicali. Rossa (non solo di capelli) e determinata. Al Barnaut e poi al circolo Granma della Bolognina, quartiere popolare dietro la stazione di Bologna, Ventuno ha incontrato Marta Collot, portavoce nazionale di Potere al Popolo. Ruolo che condivide con il napoletano Giuliano Granato.

Ventotto anni, veneta di Treviso, Marta Collot vive a Bologna ed è un’insegnante precaria. Oltre che una cantante e musicista diplomata al Conservatorio. Alle elezioni comunali nel capoluogo emiliano è arrivata terza, dietro il neosindaco Matteo Lepore e Fabio Battistini, raccogliendo il 2,49%. Quasi 4mila voti, il doppio rispetto alle Regionali in Emilia-Romagna del 2020. Non è entrata in Consiglio comunale, ma Potere al Popolo è riuscito a eleggere tre consiglieri di quartiere.

Potere al Popolo dopo le elezioni comunali di Bologna. Foto tratta dalla pagina Facebook di Marta Collot (al centro)

Soddisfatta?

«Siamo molto contenti perché abbiamo messo in campo proposte politiche di rottura, ma anche un modo diverso di far politica. E la fiducia ottenuta ci spinge a continuare a costruire un’alternativa radicale anche in questa città, dove i giochi erano già decisi. Ma in generale siamo cresciuti in tutta Italia, dove ci siamo presentati».

Sul piano nazionale, quelli appena vissuti sono giorni caldi. Dalle manifestazioni No Green pass, con tanto di assalto alla Cgil, alla risposta antifascista di piazza San Giovanni, sabato scorso. Passando per lo sciopero generale dei sindacati di base. Partiamo dall’assalto di matrice fascista.

«Un fatto gravissimo, che noi abbiamo condannato dal primo momento. Non è un caso che i fascisti siano andati ad assaltare un’organizzazione sindacale, confermando il ruolo storico del fascismo quale braccio armato del padronato. Due giorni dopo, però, mentre i sindacati conflittuali, cioè quelli di base, scendevano in piazza contro il governo per lo sciopero generale, il segretario della Cgil Maurizio Landini abbracciava Mario Draghi, che vuole utilizzare quel vile attacco fascista per restringere ulteriormente gli spazi di un’opposizione sociale nel Paese. Ed è altrettanto grave. Lo sciopero generale, invece, è andato molto bene: un milione di lavoratori ha incrociato le braccia».

Potere al Popolo è a favore dei vaccini, naturalmente.

«Noi ci siamo schierati da subito, nella cornice della mobilitazione internazionale ‘No profit on pandemic’, per pretendere la liberalizzazione dei brevetti e quindi la produzione su larga scala dei vaccini, rendendoli disponibili per tutta la popolazione mondiale. Gli stati occidentali hanno messo il veto al Wto alla proposta di India e Sudafrica, scegliendo di convivere con il virus. E oggi, a livello mondiale, solo i paesi occidentali contano una percentuale significativa di vaccinati. Oltre a Cuba».

La vostra posizione sul Green pass?

«Ribadito che siamo per la vaccinazione come un diritto, che non viene rispettato, siamo contrari al Green pass sui posti di lavoro, perché è una misura discriminatoria e ricattatoria, di fatto. Allo stesso tempo però è uno strumento utilizzato come specchietto per le allodole. Tutto il dibattito è schiacciato sul tema Green pass sì/no, mentre di sanità pubblica non si parla più. Nel progetto del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza, ndr) vengono ancora stanziati fondi per la sanità privata, riducendone ulteriormente alla sanità pubblica. Noi invece pensiamo sia necessario riportare al centro la sanità pubblica».

Per i lavoratori non vaccinati, a chi dovrebbe spettare l’onere di pagare i tamponi?

«I tamponi dovrebbero essere gratuiti a prescindere, a carico dello Stato e sul lavoro a carico delle imprese. Lo Stato dovrebbe assumersi la responsabilità di scegliere se optare per l’obbligo vaccinale o meno. Affrontando una serie di questioni, oltre alla liberalizzazione dei brevetti. Come rendere trasparenti e pubblici gli accordi con le case farmaceutiche e valutare tutti i vaccini. Questo è un fallimento dello Stato, che sta scaricando sui cittadini la responsabilità dell’aumento o meno dei contagi».

Torniamo per un attimo a piazza del Popolo, sabato 9 ottobre. Quella fascista era un’infiltrazione o una presenza organica?

«Mi pare fosse una presenza abbastanza strutturale, anche se questo non vuol dire che tutti quelli che erano in piazza fossero fascisti o simpatizzanti. Secondo me però questo aspetto sta venendo strumentalizzato, perché sui media si parla molto più del Green pass che delle rivendicazioni dei sindacati di base. È successo anche l’11, durante lo sciopero generale, fatto passare genericamente come manifestazione No Green pass».

Potere al Popolo ha parlato di “attacco squadrista”. Siete per lo scioglimento di Forza Nuova e delle forze neofasciste?

«Non dovrebbero neanche essere nate. Siamo per lo scioglimento delle forze neofasciste, ma va detto che i fascisti sono stati sdoganati da anni da centrodestra e centrosinistra: basti pensare al consigliere eletto a Napoli Gaetano Sollazzo, che inneggiava al Duce. L’antifascismo come bandierina per ricorrere al voto utile non è la nostra linea: noi siamo antifascisti fino in fondo, che vuol dire combattere con tutti i mezzi necessari i fascisti, ma anche fare delle politiche che non permettano la crescita di quelle ideologie. E queste si fanno garantendo salario, lavoro e vita dignitosa per tutti».

Proprio su questo: pochi giorni fa Openpolis ha pubblicato uno studio su dati Ocse secondo cui l’Italia è l’unico paese europeo in cui i salari sono diminuiti rispetto al 1990. È ora di introdurre un salario minimo legale?

«Noi abbiamo sempre fatto una battaglia per il salario minimo, perché è una condizione non sufficiente ma necessaria per poter iniziare a parlare di lavoro dignitoso in questo Paese. Non c’è solo un problema di sfruttamento, caporalato e lavoro nero, ma anche di lavoro sottopagato legale. Ci sono accordi stipulati tra imprese e sindacati confederali che consentono di pagare un lavoratore quattro euro l’ora».

E sul reddito di cittadinanza?

«Andrebbe esteso, in termini economici e di non condizionalità, perché sottrae una fetta di lavoratori al ricatto di dover scegliere tra stare senza lavoro ed essere sottopagati. Altro che “metadone di Stato”, come definito da Giorgia Meloni. Poi bisognerebbe ripristinare l’art.18 e re-internalizzare i servizi».

Foto tratta dalla pagina Facebook di Marta Collot

Pochi giorni fa FdI, Lega e Iv hanno tentato di smontare il reddito di cittadinanza, senza successo. I lavoratori Textprint di Prato hanno subito per ben due volte un’aggressione da parte di squadracce mentre erano in sciopero. Allo stesso tempo, però, i lavoratori Gkn di Campi Bisenzio, licenziati via mail, hanno generato solidarietà ed entusiasmo attorno alla loro causa. Il mondo del lavoro sembra sotto attacco, con spinte verso la restaurazione. Qual è il clima?

«Con questa pandemia, che ha messo in risalto la fragilità del sistema, non solo non sono stati messi in discussione privatizzazioni e precarizzazione nel mondo del lavoro, ma si sta approfittando per indebolirlo ulteriormente. Lo sblocco dei licenziamenti è proprio questo: la possibilità di licenziare lavoratori per poi magari assumerne altri con meno diritti. È gravissimo che sia stato avallato dai sindacati confederali. Dei segnali positivi sicuramente ci sono stati: i lavoratori Gkn hanno aderito allo sciopero dell’11, per esempio. Ora bisogna stare pronti a sostenere tutte le lotte dei lavoratori in questo autunno, in cui non si deve dare tregua al governo».

Foto tratta dalla pagina Facebook di Marta Collot (a destra)

Su cosa vi opponete al governo Draghi?

«In questi 30 anni ci hanno raccontato solo menzogne, ma questo modello di sviluppo ha fallito. Che interessi è giusto fare? Quelli di Confindustria e delle multinazionali o di chi in questo Paese vive? Dalla casa al lavoro, passando per la salute, va rimesso tutto in discussione, rovesciando la prospettiva. Senza dimenticare la questione ambientale: la transizione ecologica è una cosa seria, non si fa insultando gli ambientalisti e tornando al nucleare come vuole fare il ministro Cingolani».

La sinistra però è eternamente frammentata. Le continue divisioni allontanano la gente che si sentirebbe di quell’area. Potere al Popolo cosa propone?

«Da 30 anni esistono due mantra: il voto utile e l’unità della sinistra. Noi siamo disponibili al dialogo con chi condivide certi principi, per esempio l’opposizione netta al governo Draghi. Ma ci vuole del tempo per recuperare la fiducia delle classi popolari nella possibilità di cambiare qualcosa. Potere al Popolo, un progetto giovane che si è rafforzato nonostante un anno e mezzo di pandemia, è nato proprio per rompere certe liturgie della sinistra. Siamo precari, operai, sfruttati, pensionati, giovanissimi che si vedono togliere il futuro: la strada è lunga ma la direzione è quella giusta».