Quale politica

“Israele ha il diritto di difendersi” è il nuovo mantra che imperversa nel discorso pubblico. Ha anche il diritto di attaccare, occupare illegalmente territori non suoi, tenere sotto scacco una popolazione di milioni di abitanti chiusi in una striscia grande quanto un terzo del Comune di Roma? Ma soprattutto: le atrocità subite dal popolo israeliano giustificano atrocità uguali o maggiori ai danni del popolo palestinese? Che logica c’è alla base di quanto sta avvenendo in questi giorni, come frutto di un conflitto pluridecennale fondato su prevaricazione e impunità?

Qualunque persona di buonsenso dovrebbe condannare fermamente ogni violenza ai danni di civili, di qualunque nazionalità essi siano. Ma il compito della politica, quella con la p maiuscola, dovrebbe essere quello di andare in profondità rispetto alle dinamiche di scontro che si presentano, focalizzando i termini delle questioni e trovando le soluzioni attraverso dialogo e diplomazia. Schierarsi acriticamente, con tanto di bandiera d’ordinanza, elmetto e clima da “o con noi o contro noi” è esattamente l’opposto di quello che ci aspetteremmo dai governanti di paesi e istituzioni sedicenti democratici.

Non ci piace fare la conta dei morti, dei feriti o degli sfollati, ma è evidente che fermarsi al mantra “Israele ha il diritto di difendersi” ha una valenza catastrofica. Israele ha il diritto di esistere, di difendersi e di vivere in pace e sicurezza. La Palestina ce l’ha a sua volta. E ha anche il diritto di essere riconosciuta come Stato, oltre che di vedersi restituire i territori occupati. Nessuno ha il diritto di difendersi sterminando popolazioni civili. Chi tace su questo è complice di violazioni gravissime dei diritti umani.

Fermare gli orrori della guerra dev’essere la priorità assoluta. Eppure l’arietta da totalitarismo morbido che si respira in Italia, dove gli spazi di libertà vera si restringono sempre di più, sembra portarci verso convinzioni ben diverse, fondate su ipocrisia e doppiopesismo. Non si può accettare. Resteremo sempre dalla parte degli oppressi. Per la pace, per la giustizia e per la convivenza tra i popoli. Mai da quella della guerra.