Ecuador, in Qatar per puntare agli ottavi

Si è da poco conclusa una delle ultime fasi delle qualificazioni a Qatar 2022, che, nostro malgrado, hanno regalato all’Italia una delle delusioni calcistiche più cocenti della storia. Così, mentre il tabellone è in via di definizione e vede già formalizzate 29 partecipanti su 32 – le ultime tre dipenderanno dall’esito degli spareggi Galles-Scozia/Ucraina, Costarica-Nuova Zelanda e Perù-Australia/Emirati Arabi – con i sorteggi già realizzati, vale la pena soffermarsi sulle nazionali che hanno raggiunto a sorpresa l’approdo. E, in particolare, pur senza dimenticare la ‘prima volta’ del Qatar, paese ospitante, e l’impresa del Canada, tornato alla fase finale della Coppa del Mondo dopo l’unica apparizione, risalente al 1986, Ventuno ha scelto di fare un focus su un’altra ‘rediviva’: l’Ecuador. Che, reduce dalla mancata qualificazione a Russia 2018, a differenza dell’Italia è riuscito a rimediare, guadagnandosi il biglietto per il Qatar, dove sarà di scena addirittura nella gara inaugurale del prossimo 21 novembre, contro i padroni di casa. Vediamo come. Ma quanta invidia…

Che cammino per Alfaro: stop a Brasile e Argentina

La Tricolor ecuadoregna, o anche la Banana Mecanica, allenata da quasi due anni dall’argentino Gustavo Alfaro, ha strappato il pass per il suo quarto mondiale (dopo le esperienze del 2002, 2006 e 2014) grazie ad un cammino ineccepibile nell’infernale girone sudamericano, chiuso al quarto posto con 26 punti in 18 partite, ad una manciata di lunghezze dall’Uruguay e dietro ai mostri sacri Brasile e Argentina. Ma altre mammasantissime, vale a dire Colombia, Cile e Paraguay, le sono finite dietro a sorpresa e vedranno il mondiale novembrino col binocolo. A sorpresa sì, ma fino ad un certo punto.

Il ct dell’Ecuador Alfaro (dalla pagina Ig della nazionale sudamericana)

La qualificazione dell’Ecuador, infatti, non è praticamente mai stata in discussione e alle tre vittorie nelle prime quattro gare (compreso il tennistico 6-1 sulla Colombia del 17 novembre 2020) è stata data una solida continuità, specie in virtù di un percorso tra le mura amiche che ha conosciuto solo una sconfitta (1-2 col Perù) e addirittura due stop (entrambi 1-1) cui sono stati costretti Brasile e Argentina. Certo, i quasi 3000 metri di altitudine della Casa Blanca, ossia lo stadio ‘Rodrigo Paz Delgado‘ della capitale Quito (teatro di sette delle nove gare interne giocate nelle qualificazioni, le altre due sono state disputate al ‘Banco Pichincha’ di Guayaquil, città adagiata sul Pacifico), hanno sicuramente aiutato. Ma la nazionale che fu dell’interista Felipe Caicedo (ritiratosi nel 2017 ma, secondo alcune voci, pronto a rientrare nel giro ai mondiali) ha molte qualità. Vediamo quali.

Un ambizioso mix tra giovani e vecchi
Hincapié e Messi in Ecuador-Argentina 1-1 (dalla pagina Ig del difensore ecuadoregno)

Innanzitutto, una generazione emergente di giovani talentuosi, già protagonista con il terzo posto al Mondiale Under 20 di Polonia 2019. Vedi gli ‘europei’ Hincapié (Bayer Leverkusen) Moisés Caicedo (Brighton), Plata (Rayo Vallecano) ed Estupinan (Villareal), solo per fare alcuni nomi. Una freschezza già ‘rodata’ che, unita all’esperienza dei veterani come l’ex Everton Valencia (in gol al 93′ nell’1-1 con l’Argentina), Mena, Galindez e Gruezo, ha creato un mix ben assortito, miscelato sapientemente dal commissario tecnico Alfaro. Che, una volta dimostrato di ‘sopravvivere’ al girone eliminatorio sudamericano, proverà dalla quarta fascia del sorteggio mondiale a vestirsi da mina vagante. Il sorteggio si è rivelato impegnativo ma non impossibile: il Qatar padrone di casa, la favorita Olanda e il Senegal neo campione d’Africa. L’obiettivo degli ottavi di finale, punto più alto raggiunto dall’Ecuador ai mondiali a Germania 2006 (out contro l’Inghilterra, 1-0 con gol di Beckham), è alla portata.

L’Italia, il Trap e de la Cruz…
Ulises de la Cruz, lo ‘spauracchio’ temuto dal Trap ai Mondiali 2002

La prima partecipazione dell’Ecuador a Giappone e Corea 2002, in particolare noi italiani ce la ricordiamo benissimo. Gli azzurri, nell’avvenieristico stadio coperto di Sapporo, batterono 2-0 al debutto i sudamericani (doppietta di Vieri) e nei calciofili più accaniti riecheggia ancora il timore che l’allora ct Trapattoni versava in uno dei giocatori ecuadoregni più in voga all’epoca, Ulises de la Cruz (poi, una volta finita la carriera, diventato politico socialista di buon successo, sul fronte opposto rispetto all’attuale presidente, il conservatore Guillermo Lasso), per il quale il Trap preparò persino una sorta di ‘gabbia’, nel tentativo di limitarne le scorribande sulla fascia.

Timori esagerati, col senno di poi, sebbene de la Cruz sia stato un’autentica leggenda per la Tri, con tanto di discreta carriera europea (tra Scozia e Inghilterra). Anche se l’Ecuador (che nella sua rosa annoverava anche un ‘italiano’, l’attaccante del Perugia Ivàn Kaviedes) non si dimostrò affatto una squadra materasso. Tanto che, vincendo la sua prima gara mondiale (1-0 sulla Croazia), contribuì a togliere le castagne del fuoco all’Italia in quel difficile girone, spingendola agli ottavi (che finirono tutti come sappiamo, contro la Sud Corea). Del 2006 e di quel risultato storico si è detto (secondo posto nel girone con Germania, Polonia e Costarica), mentre a Brasile 2014 arrivò un’altra eliminazione onorevole, con tanto di 4 punti e di uno 0-0 con la Francia. A Qatar 2022 come andrà?