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Perù, Pedro Castillo verso la vittoria in un Paese distrutto e con profonde fratture

«Il socialismo ci ha insegnato a porre il problema indigeno in termini nuovi. Abbiamo smesso di considerarlo astrattamente come un problema etnico o morale per riconoscerlo concretamente come un problema sociale, economico e politico. Vale a dire che da problema etnico o morale diventa un problema sociale, economico e politico» (José Carlos Mariategui).

Verso la Casa di Pizarro

I concetti di José Carlos Mariategui sul collettivismo dei campesinos indigeni sono fatti propri dal maestro e leader sindacale marxista Pedro Castillo di Perù Libre, probabile futuro presidente del Perù, che toglierà il potere all’oligarchia.

Attualmente, con il 99,1% dei voti scrutinati, Pedro Castillo ottiene il 50,2% dei consensi, mentre Keiko Fujimori il 49,7%. La differenza è di poco più di 71mila voti.

Castillo si proclama vincitore e ha dichiarato: «Grazie per il vostro sostegno incondizionato, caro popolo peruviano. Questa vittoria non è mia nè di Perù Libre, ma del popolo che ha resistito e lottato per secoli per ottenere una vera e onesta scelta di cambiamento. Camminiamo fermi, fratelli. Non ci fermeremo».

Tra virus, povertà e disuguaglianze

Pedro Castillo sarà presidente di un Perù che a causa della pandemia da Covid-19 è il paese con più morti al mondo in proporzione alla popolazione (5500 ogni milione di abitanti, quasi il triplo dell’Italia) ed è precipitato in una crisi economica. Il tasso di povertà in un anno è cresciuto dal 20 al 30%. 

Le Ande, la Selva e le periferie delle citta soffrono morti e povertà e il suo programma è per coloro che sono stati sempre messi a tacere: «La nostra proposta racchiude la speranza di cambiamento per i popoli e si afferma in un cammino di cambiamento progressivo ma profondo, veramente democratico, guidato dalla ricerca di diritti e opportunità per tutti, con giustizia e pace. La nostra proposta di cambiamento (…) è la proposta dei popoli che vogliono un cambiamento a beneficio di tutte le famiglie del Perù (….) Non più poveri in un paese ricco». 

Per esempio, ha proposto la nazionalizzazione delle miniere e ha stravinto tra i minatori. Il riferimento teorico-pratico è sempre José Carlos Mariàtegui, pensatore marxista, fondatore del Partito comunista del Perù. Infatti Perù Libre si definisce «un’organizzazione socialista, marxista-leninista-mariateguista».

La voce delle Ande con il cappello dei ronderos

Pedro Castillo è un insegnante rurale di 51 anni con il quale si identifica l’altra parte del Perù. Rappresenta la voce andina che reclama un cambiamento radicale del modello economico. È riconosciuto a livello nazionale per essere il campione dei peruviani dimenticati, di cui ha conquistato l’affetto.

L’oggetto più caratteristico che indossa Castillo Terrones è un cappello caratteristico dei ronderos di Chota (Ronda Campesina è il nome delle autonome pattuglie contadine nel Perù rurale) che porta sempre con sé per rivendicare le sue radici e ricordare al popolo peruviano che viene dalle Ande, Tacabamba, Cajamarca.

Pedro Castillo è inoltre internazionalista, difende i processi rivoluzionari nel mondo, specialmente in Latinoamérica: Cuba, Nicaragua, Ecuador, Venezuela e Bolivia. Difende i processi rivoluzionari nel mondo, specialmente in America Latina.

Fujimori, lo spettro del «comunismo» e la pessima situazione giudiziaria

Keiko Fujimori ha proposto queste elezioni come referendum tra «libertà e comunismo», che ha polarizzato l’intera campagna, inoltre ha sostenuto la continuazione dell’economia neoliberista avviata da suo padre, il dittatore e criminale Alberto Fujimori, che nel gennaio 2019 è stato arrestato in custodia cautelare, in attesa di sentenza. E attualmente si trova in carcere per i residui 13 anni, intervallati con brevi periodi di ricovero ospedaliero.

Lo scorso marzo è iniziato il processo ad Alberto Fujimori, 82 anni, per le sterilizzazioni forzate di donne indigene durante il suo secondo mandato (1995-2000). Almeno 18 donne sono morte e migliaia di loro hanno subito gravi conseguenze fisiche e psicologiche. Le vittime chiedono giustizia e riparazione.

I rischi per la democrazia

La sconfitta quindi di Keiko Fujimori non è solo politica, ma personale in quanto comporta per lei il carcere, in quanto è stata condannata per corruzione a riciclaggio di denaro (ha già trascorso in prigione 11 mesi). Oltre che la continuazione della prigione e una nuova condanna per il padre.

Proprio venerdì scorso, il giudice Víctor Zúñiga ha respinto i cinque ricorsi presentati da Keiko Fujimori, il che significa che costei non potrà far altro che affrontare il processo. Secondo l’accusa, Fujimori ed il suo partito avrebbero ricevuto fondi illegali dalla società di costruzioni brasiliana Odebrecht, al fine di finanziare le campagne elettorali del 2011 e del 2016. Il procuratore José Domingo Pérez ha sottolineato a tal proposito che Keiko Fujimori «non vuole che una magistratura indipendente giudichi i suoi crimini in un processo pubblico».

Come minimo Keiko Fujimori contesterà il risultato elettorale di Pedro Castillo accusandolo, come ha già dichiarato, di frode. Se non farà di peggio.
Castillo si troverà quindi a fare i conti con un Paese in piena crisi politica, economica e sanitaria, ma anche con possibili reazioni antidemocratiche da parte di Keiko Fujimori.

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