Roma, la marea transfemminista

Il 26 novembre a Roma vi è stata la manifestazione nazionale di Non una di meno contro la violenza maschile sulle donne e le violenze di genere. Da ogni parte d’Italia, in decine di migliaia hanno deciso di convergere verso quello che è stato l’appuntamento più importante di tutto il movimento. Ventuno ha voluto raccontarne la piazza, le sue istanze e le sue emozioni attraverso un’intervista a Giorgia, attivista ed esponente di Non una di meno Torino.

Quali sono le rivendicazioni della piazza?

«Siamo in piazza nella giornata mondiale contro la violenza maschile sulle donne e tutte le violenze di genere per dire che non è un’“emergenza”, che il problema non sono solo i femminicidi ma una violenza strutturale, una violenza sistemica che porta poi a forme più violente come i femminicidi e i transicidi. Parliamo quindi di violenza istituzionale, di violenza che si trova nei tribunali, la violenza economica, la violenza sul lavoro. Abbiamo scelto come slogan della giornata “basta guerra sui nostri corpi” perché riconosciamo la guerra come una delle forme più forti di violenza patriarcale, sappiamo che la guerra che si sta combattendo sul campo in Ucraina e in tantissimi contesti in tutto il mondo non ricade su tutti i corpi allo stesso modo ma, per una volta, è sui corpi delle donne che si gioca una battaglia. Abbiamo visto per esempio come la violenza sulle donne venga strumentalizzata in chiave razzista in virtù di una politica che vuole la chiusura dei confini. Contro tutto questo ci vogliamo vive, ci vogliamo libere».

Crisi climatica, rivolte in Iran. Qui parecchi striscioni riprendono la frase Jin Jiyan Azadi (donna, vita, libertà). Crisi economica e guerra. Possiamo definire quindi la lotta transfemminista intersezionale?

«Non una di meno è un movimento che nasce riprendendo lo slogan del grido delle nostre sorelle argentine “ni una menos, ni una más” contro i femminicidi. È un movimento che fin da subito nasce come transnazionale con fortissime connessioni in tutto il mondo e su vari argomenti. Oggi qui riportiamo la voce delle donne curde, delle donne russe che si oppongono alla guerra per ricordare che il problema è strutturale e che quindi si manifesta in tantissime forme diverse in tutto il mondo. La crisi climatica non colpisce tutte le persone allo stesso modo. Sono le donne, che storicamente devono occuparsi della riproduzione sociale. che spesso si ritrovano ad affrontare le conseguenze più gravi della crisi climatica. Stessa cosa avviene con la crisi economica e il carovita poiché siamo noi ad avere i lavori più precari e sottopagati. Parlare quindi di violenza come fenomeno strutturale vuol dire tenere presente tutti questi elementi».

Cosa vi aspettate da questo governo?

«Da questo governo non ci aspettiamo nulla. È un governo ultra conservatore sostenuto da movimenti ultra cattolici e anti-abortisti, formato e sostenuto da movimenti che vogliono riproporre un ruolo tradizionale, patriarcale e oppressivo della donna. Siamo consapevoli che non possiamo limitarci nel difenderci. Il diritto all’aborto non è e non era garantito anche prima del governo Meloni. Questo governo è sicuramente una minaccia ma non ci basta difendere ciò che abbiamo. Abbiamo una lotta da portare avanti».

La piazza è stata piena. Una marea. Una piazza piena di temi, di energia, di voglia di cambiare le cose. Le emozioni hanno travolto chiunque. Canti, danze, esperienze vissute. Questa è stata la marea transfemminista che non vuole cedere di un passo.

Le foto

Ecco alcune foto della manifestazione. Autore: Mirko Ostuni (qui il suo profilo Instagram).