Movimento Lupa: «Manganellate agli studenti ingiustificabili, non c’erano infiltrati, solo cittadini»

Inagibilità delle strutture scolastiche, supporto psicologico, creazione di centri antiviolenza all’interno delle scuole e abolizione del PCTO, acronimo con cui viene definita l’alternanza scuola lavoro. Nelle ultime settimane, in tutta Italia, si stanno susseguendo una serie di mobilitazioni studentesche che vogliono porre al centro dell’attenzione mediatica e dello stesso governo questi problemi.

L’apice di queste mobilitazioni si è avuto dopo la morte di Lorenzo Parelli, uno studente di 18 anni morto schiacciato da una lastra di ferro durante le ore di alternanza scuola lavoro. Nei giorni a venire la morte di Lorenzo gli studenti sono scesi in piazza e con tutta la loro forza hanno dato voce ai loro problemi e alle loro rivendicazioni. Una protesta brutalmente repressa dalle forze dell’ordine. Nonostante ciò, il silenzio voluto dalle istituzioni quali il MIUR e la modifica della maturità 21/22, gli studenti sono scesi in piazza nuovamente e il loro movimento ha acquistato forza abbracciando altre tematiche: crisi climatica, lavoro precario.

Abbiamo intervistato una studentessa romana di sedici anni appartenente al movimento la Lupa “scuoleinlotta”. Purtroppo non possiamo rivelare il nome della ragazza in quanto gli studenti coinvolti nelle occupazioni rischiano sanzioni penali e disciplinari. Il movimento è composto da tutti i collettivi e le associazioni di studenti di Roma e si sta facendo portavoce delle rivendicazioni studentesche a livello nazionale.

Come nasce il movimento la Lupa?

«La Lupa è un movimento studentesco che nasce dal basso, dall’urgenza di singoli studenti, collettivi, associazioni studentesche che hanno voluto unirsi per una scuola migliore. Non nasce da un processo organizzato a tavolino, ma è stato un movimento spontaneo iniziato con la prima occupazione dell’istituto Rosellini a Roma nei primi giorni di ottobre. Successivamente, attraverso una reazione a catena, ci sono state le occupazioni del Virgilio e di altre quattro scuole del terzo municipio fino ad arrivare a sessanta istituti occupati. La Lupa trova spazio proprio all’interno di queste occupazioni dove gli studenti hanno potuto confrontarsi e hanno preso coscienza di una potenziale alternativa alla scuola che viviamo tutti i giorni».

Qual è la scuola che immaginate?

«Ripensare il sistema scolastico è necessario, lo facciamo affrontando diversi temi quali: gli spazi e l’edilizia scolastica, i trasporti, la salute mentale che è un tema emerso spesso durante le assemblee, l’apertura di sportelli d’ascolto e sportelli antiviolenza. Una critica al PNRR, dove la maggior parte dei fondi verranno spesi nella digitalizzazione e nell’adattamento delle nostre competenze a logiche di mercato e quindi a fare in modo che la scuola sia sempre più asservita al mondo del lavoro. A tal proposito critichiamo aspramente il PCTO (alternanza scuola lavoro) che consiste in un vero e proprio sfruttamento. Gli studenti sono costretti a fare ore obbligatorie all’interno di un’impresa senza ricevere retribuzione e queste ore, quest’alternanza è un requisito d’accesso all’esame di stato. Noi proponiamo fin dalla nostra prima piazza (17 dicembre) e successivamente alla morte di Lorenzo Parelli, l’abolizione del PCTO o piuttosto l’introduzione in istituti tecnico-professionali di stage retribuiti, sicuri e volontari. Vogliamo che venga valorizzato all’interno delle scuole il sapere come crescita culturale personale piuttosto che il mercato».

Crisi climatica, lavoro precario, istruzione. Secondo voi è giusto muoversi tutti insieme? È stata una risposta positiva l’intrecciarsi di più rivendicazioni?

«Il presidio tenutosi subito dopo la morte di Lorenzo ha chiamato a raccolta non solo gli studenti e le studentesse ma anche tutte le realtà collettive, associative di Roma, compresi chiaramente le lavoratrici e i lavoratori precari. È importantissimo per noi creare una connessione tra queste lotte, infatti scenderemo in piazza l’8 marzo con lo sciopero femminista e trans-femminista e il 25 marzo con lo sciopero di Fridays for future. Queste lotte ci riguardano in quanto giovani, in quanto studenti, in quanto generazione del futuro. La morte di Lorenzo non è stata solo la morte di uno studente, è stato il simbolo di ciò che succede in Italia ogni giorno. Il numero di morti sul lavoro aumenta costantemente ed è per questo motivo che i sindacati di base e singoli lavoratori hanno partecipato alle nostre manifestazioni. Quindi sì, è giusto costruire un legame con queste lotte ed è giusto muoversi insieme».

Come avete reagito alla repressione delle forze dell’ordine?

«Ci hanno manganellato, molti studenti minorenni sono finiti in ospedale per traumi cerebrali e lividi, di certo è stata una violenza ingiustificata, non vi erano specifiche motivazioni dietro se non, appunto, direttive dall’alto per reprimere qualsiasi mobilitazione studentesca. La repressione non è stata solo esplicitamente fisica ma anche tacita, poiché le istituzioni non hanno saputo darci risposte concrete in merito alle nostre esigenze. Una nota inviata a tutti i dirigenti scolastici delle scuole occupate affermava di individuare i responsabili e di sanzionarli a livello disciplinare e penale. Questo ha chiaramente portato a gravi conseguenze sulle nostre vite: studenti sospesi e sanzionati per aver desiderato una scuola migliore e in più questa nota scarica la colpa su pochi, quando in realtà le occupazioni sono state un’urgenza comune volute da tutte le realtà studentesche. Abbiamo provato a ottenere un tavolo di confronto con l’USR, ma abbiamo paura che diventi un semplice tavolo sporadico e non permanente, come già successo in passato».

Movimento Lupa

Come avete preso la risposta della ministra dell’interno Lamorgese in merito alla repressione delle forze dell’ordine?

«Pensiamo che in realtà sia stata una mossa politica perché non vi erano infiltrati all’interno delle nostre assemblee, dei nostri cortei. Eravamo e siamo solo studenti, comuni cittadini che vogliono esprimere il loro pensiero. Di fatto penso che le sue parole abbiano solo giustificato l’intervento delle forze dell’ordine che come già detto è ingiustificabile. Bastava creare un cordone con gli scudi, non serviva manganellare, una nostra compagna di 14anni è finita in ospedale per un colpo di manganello. Volevamo solo manifestare, niente di più. Sia qui a Roma che a Milano, a Torino e a Napoli».

Dopo l’assemblea nazionale del 5 e 6 febbraio a cui hanno partecipato collettivi e associazioni da tutta Italia, cosa è emerso?

Movimento Lupa

«Le assemblee sono state un momento di confronto molto ricco, hanno partecipato tantissime realtà studentesche e non provenienti da tutto il paese. Abbiamo avuto un primo momento di confronto e di racconto delle mobilitazioni passate e odierne. Abbiamo discusso inoltre di diverse pratiche quali il volantinaggio, la sensibilizzazione e le occupazioni che riteniamo siano essenziali sia a livello simbolico – poiché veicolano a livello mediatico un messaggio – sia perché sono un momento di aggregazione molto importante, dove gli studenti possono dare spazio alle proprie voci, ai propri disagi».

Ci saranno nuove iniziative?

«Al termine di queste due assemblee, insieme a tutte le altre realtà nazionali, abbiamo deciso di convocare una mobilitazione nazionale il 18 febbraio. Riporteremo in piazza, ancora una volta, la nostra voce e le nostre rivendicazioni. Specialmente l’abolizione dei PCTO e il tema della saluta mentale che è emerso con grande urgenza. Vogliamo inoltre portare in piazza il nostro dissenso in merito alla reintroduzione della seconda prova scritta nell’esame di stato poiché crediamo che sia stato una risposta simbolica da parte del MIUR, il quale ha dimostrato di non averci ascoltato e di non aver preso in considerazione le conseguenze della DAD di questi due anni. Faremo sentire la nostra voce nelle strade, nelle piazze fino a quando non dimostreranno di prenderci sul serio. Finché non inizieranno davvero a cambiare questo sistema. Non possiamo più permetterci di credere alle promesse vane delle istituzioni. Bisogna cambiare rotta il più presto possibile».