Cile, genesi e protagonisti di un cambiamento

America latina

Pubblichiamo oggi la terza parte della prima intervista ad alcuni personaggi chiave del momento storico che sta vivendo il Cile. La prima protagonista è Carolina Videla Osorio, eletta come Costituente per Arica e Parinacota, regione dove ha sempre vissuto. Esponente del Partito comunista del Cile, nell’Assemblea Costituente è membro e coordinatrice della Commissione per le Scienze, la Conoscenza, le Tecnologie, le Arti, le Culture e il Patrimonio e membro della Commissione di Partecipazione ed Educazione Popolare (qui il link per leggere la prima parte, qui il link per leggere la seconda parte). La foto in evidenza, scattata a Santiago a fine 2019, è di Stefania Stipitivich.

Carolina Videla Osorio. Foto tratta dalla sua pagina Facebook
Parte III

Gli avvenimenti intorno all’Assemblea Costituente sono febbrili. Come si è fatto nelle parti precedenti, attualizziamo e mettiamo brevemente in contesto i fatti. Uno degli aspetti più controversi che i costituenti hanno affrontato nella stesura del regolamento è stato in relazione con la necessità dei due terzi per l’approvazione delle norme. Da quando si è reso evidente che le norme si stanno approvando per ampia maggioranza, la destra, in assoluta minoranza nell’Assemblea, ha iniziato una controffensiva mediatica.

Circa una settimana fa, sono nati gli Amarillos (Gialli) che si attribuiscono il ruolo di figure di centro capaci di trovare il giusto equilibrio tra le parti. Figure di prestigio della società cilena stanno criticando le decisioni della Costituente. Il dibatto è acceso e l’obbiettivo è quello di mettere in discussione l’intero processo: la nuova Costituzione dovrà infatti essere sottoposta a referendum. Da qualche giorno sulla stampa cilena si assiste a un interessantissimo botta e risposta tra i blocchi opposti. L’intervista con Carolina Videla svela alcuni retroscena di questa battaglia mediatica.

Carolina Videla Osorio. Foto tratta dalla sua pagina Facebook

Come si è risolta la contesa con la destra, che sembrava manifestarsi più in ostruzionismo che in collaborazione attiva? Attualmente pare che l’atmosfera tra fazioni opposte sia più pacifica.

«Sì, apparentemente sembra che l’atmosfera sia migliorata perché all’inizio, mentre stavamo scrivendo il regolamento, c’erano molte sessioni plenarie. Questi ultimi due mesi li abbiamo trascorsi nelle commissioni, elaborando le norme. Le tensioni riprenderanno a manifestarsi appena torneremo in plenario con il dibattito d’approvazione, di difesa e di modificazione delle norme. In effetti comunque ci sono stati degli avvicinamenti, però credo che per esempio sui diritti sessuali riproduttivi sarà molto difficile ottenere un’approvazione trasversale: sebbene siano presenti molte donne costituzionaliste di destra, le nostre posizioni sono opposte, dato che loro considerano che il ruolo delle donne sia quello di procreare e da quella premessa nascono gli altri argomenti, sulle scelte relative all’educazione per esempio. Invece, quando guardiamo il mondo da una posizione femminista possiamo anche porre attenzione all’economia o all’educazione. Si tratta di un modo di vedere il mondo a partire della visione femminile. Comunque, a questi, si aggiungono tanti altri temi che ci dividono. Nel caso dello stato plurinazionale spunta la visione opposta secondo la quale non esiste pluralità, perché siamo tutti cileni e nelle nostre vene scorre il sangue di tutti i popoli. Argomenti semplici, adatti alle reti sociali dove si costruiscono falsi miti. Per esempio si è scritto che sarebbe nostra intenzione distruggere l’emblema patrio e l’amore per la patria: distruggere la bandiera e l’inno nazionale! Da parte comunista sono state proposte alcune norme, assolutamente concordate con altre forze politiche, che sono state però presentate e attaccate sulla stampa ufficiale come se con la Costituzione che stiamo scrivendo volessimo distruggere il paese.»

Tuttavia una proposta fatta dal Pc ha ottenuto ampia approvazione, mi riferisco al mantenere il regime presidenziale, sebbene con la nomina di un vicepresidente.

«Sì, è vero. Quello che abbiamo proposto e che è stato approvato è un presidenzialismo attenuato e paritario (uomo-donna,) entrambi con elezione diretta (mandato popolare). La norma dovrà essere sottoposta a modificazione e ci sarà certamente un’altra discussione molto interessante a proposito del congresso unicamerale.»

Perché non senti l’esigenza del contraddittorio “saggio” proveniente dal Senato?

«Mi sembra che l’esperienza nel nostro paese ci abbia insegnato che il Senato rallenta il processo. Qual è la funzione di un congresso? È quella di approvare leggi per il bene comune del paese, l’obbiettivo della politica è il benessere. Invece nella storia del nostro paese esistono progetti di legge fermi al Congresso persino da una decade, progetti sui quali il Senato avrebbe tutto il potere per esercitare pressione a favore della loro approvazione. Otre che un alto costo per il paese, quindi, non risponde all’attualità ed alla logica che viviamo nel ventunesimo secolo. Crediamo siano forme o sistemi politici abbastanza anchilosati. Per questo pensiamo che un congresso unicamerale con funzioni ben definite possa essere un modo diverso con il quale sviluppare la politica pubblica per il cambiamento di cui abbiamo bisogno. Siamo persone che hanno un forte senso democratico e consideriamo che ci si debba assoggettare alle leggi ed al cammino democratico, tuttavia non possiamo accettare che il benessere e le speranze di un popolo si debbano ipotecare a causa di un gruppo di senatori che arrivano al punto di dibattere per dieci anni un progetto di legge.»

Non sarebbe sufficiente normare i tempi del dibattito?

«Rispondiamo anche alla volontà rilevata nel popolo.»

Voto obbligatorio o voto volontario?

«Voto obbligatorio, non vedo alternativa.»

Sarà una Costituzione minima o più dettagliata possibile?

«Noi ci aspettiamo una Costituzione più dettagliata possibile, robusta negli aspetti dogmatici, che lasci poco spazio per trasgredire i suoi principi. In questo senso deve essere una Costituzione completa, chiara ed esplicita, al punto di arrivare a dire: non si uccide, non si tortura.»

Ci saranno parti inemendabili?

«Devono esistere dei meccanismi che permettano riforme, perché la società è dinamica e nulla è statico, tuttavia questa Costituzione deve lasciare stabilito che le riforme si potranno fare attraverso un’Assemblea Costituente o attraverso meccanismi di democrazia diretta. Abbiamo presentato meccanismi di democrazia diretta nei poteri regionali, per revocare il mandato di coloro che non compiono il programma per il quale sono stati votati, per convocare assemblee. È importante inserire nel testo il meccanismo con il quale si potrà modificare la Costituzione e questo deve succedere attraverso la piena partecipazione. Se ci saranno articoli non emendabili e quali, credo sia prematuro dirlo. Stiamo ancora studiando. E sta appena cominciando il periodo nel quale si presentano modifiche alle norme proposte dalle commissioni. Finora si sono gestite le proposte di norma e le firme per presentarle. Siamo 154 Costituenti, la mole di lavoro è stata enorme.»

La nazionalizzazione delle grandi miniere mira a risolvere i problemi di disparità sociale ovviamente…

«Naturalmente. Mettere risorse a disposizione e amministrarle in un altro modo mira a risolvere questo problema. Ovviamente è difficile perché c’è di mezzo molto denaro e perché ci sono investimenti stranieri. Però questo è il momento nel quale abbiamo la possibilità di creare le basi per questo cambiamento essenziale.»

Si sta parlando di una necessaria contrazione economica e dei consumi. Come si coniuga questa visione di sviluppo del settore minerario per il bene del paese con le nuove linee di sostenibilità imposte dal cambiamento climatico?

«Tutti gli argomenti si mettono in discussione, anche se credo che questo tema rappresenti un passo successivo nella discussione. Sicuramente così com’è la situazione non può proseguire. Quello che stiamo cercando è un equilibrio tra lo Stato e le compagnie minerarie che oggi sfruttano le risorse del nostro paese, perché ovviamente le risorse devono uscire da qualche parte, e noi siamo convinti che, per quanto riguarda il nostro paese, debbano venire dal settore minerario. Tutto questo va associato a un attenuamento dell’estrattivismo, in un limite di sostenibilità, perché ovviamente non è possibile prescindere dal settore minerario. Io non sono un’esperta della materia, tuttavia voglio sottolineare che dobbiamo guardarci dagli slogan ed affrontare il problema con la massima serietà, ricordandoci anche che le terre dove spesso avviene l’estrattivismo appartengono ai nostri popoli originari, che le miniere hanno causato danni enormi alla terra, senza considerare che la maggior parte di quelle risorse neppure restano nel nostro paese ma vengono esportate.»

A causa delle vicende ambientali degli ultimi anni, sta diventando chiaro che i problemi attuali e futuri della società non sono e non saranno solo “sociali”. Quanto viene considerato il cambiamento climatico (che non ha più confini nazionali) nel suo impatto trasversale sulla società, nella discussione delle norme?

«Come Assemblea ci siamo dichiarati in allerta climatica a causa della crisi climatica mondiale, perciò la coscienza ambientale di alcuni Costituenti ha fatto sì che si proponessero norme che potrebbero persino sembrare strane. Voglio ricordare che consideriamo la natura come soggetto di diritto e ci sono anche norme specifiche per proteggere i ghiacciai, le nostre terre, montagne e mari e come questo si coniuga con lo sviluppo produttivo in ogni territorio. Perciò il quadro generale è: come produciamo nel paese, con piani di sviluppo produttivo nazionali e un approccio socio-territoriale. La domanda è per esempio: cosa possiamo produrre che sia in armonia con le caratteristiche ambientali di quel dato territorio e che produca un’entrata economica? Il problema delle risorse idriche è sostanziale. Cambiamento climatico e norme attinenti sono temi fondamentali nel nostro lavoro.»

I neurodiritti sono considerati?

«Sì, sono argomento della commissione di cui faccio parte, la numero sette, che si occupa di conoscenza, scienza e tecnologia, arte, cultura e patrimonio, bioetica e comunicazione.»

In una conversazione con il professor Francisco Zuñiga Urbina, professore di Diritto Costituzionale presso l’Università del Cile, organizzata dalla Cattedra di Diritto Costituzionale dell’Università di Buenos Aires, si è detto che questa potrebbe essere l’ultima Costituzione scritta interamente da esseri umani sottolineando il fatto che l’intelligenza artificiale giocherà un ruolo importante nelle prossime occasioni. Pensi che siamo gli ultimi esseri umani a fare a meno dell’informatica per scrivere la Magna Carta della Nazione?

«È impattante, ma dobbiamo considerare che nella programmazione e nell’uso della intelligenza artificiale c’è comunque una componente umana: per questo la bioetica è così importante. Stanno cercando l’annichilimento? Ovviamente l’argomento ci preoccupa perché il suo sviluppo negli ultimi tempi è stato esponenziale. Il dibattito si sviluppa a proposito della funzione sociale dell’Intelligenza Artificiale. Quindi: si aprono spazi di sviluppo o si rimpiazza il lavoro di uomini e donne? La mia riflessione si istalla nella proiezione di noi stessi come umanità.»

Torniamo a Boric. È molto probabile che la nuova Costituzione sarà la sua grande eredità. Che consiglio daresti al presidente eletto in relazione al processo costituente?

«È piuttosto difficile dare un consiglio a un presidente (ride), però gli direi che per il successo del lavoro dell’Assemblea continui a proteggerne l’autonomia: siamo un organo costituente e non costituito. Lo esorterei a realizzare ciò che spetta al governo per quanto riguarda le riforme, come avremmo voluto che succedesse con il governo dell’attuale presidente uscente, che io definisco il peggior presidente della storia del Cile. Un governo che già era fallito prima della fine del primo anno, al punto che credo nessuno si ricordi il programma di governo del presidente uscente, e che fece ostruzionismo persino al processo costituente. Inoltre, non possiamo dimenticare che per l’approvazione della nuova Costituzione è previsto un referendum con voto obbligatorio. Perciò, direi a Boric di tener presente che la maggioranza di chi ha votato “Approvo” (la Costituente, n.d.r.) ha votato anche lui. Quindi auspico la formazione di un governo basato sulla più ampia unità possibile e una grande responsabilità. La gente, dopo anni, ha sentito risorgere la speranza. Questa volta le elezioni sono state diverse. Quindi non si tratta solo del presidente Gabriel Boric, si tratta di ciascuno dei ministri che faranno parte del suo governo, a cui direi di votarsi al servizio dei cittadini. Assimilando il programma e mantenendo assoluta chiarezza a proposito di quello che faranno, affinché la gente possa percepire che sono arrivati al governo per mettere in atto quel programma che è stato costruito con i cittadini e nel quale si sono riversate tutte le speranze. E che venga difeso, non solo al governo e alla Moneda, ma anche in ciascuno dei governi regionali che si formeranno nel paese. Infine, gli direi di restare vicino alla gente. E questo è più di un suggerimento: è una necessità. La gente crede molto in lui e credo che il popolo cileno non resisterebbe a una nuova delusione.»

Come ci si rivolge a quel quasi 50% del popolo cileno che non ha votato perché – come si dice – “no está ni allí”?

«Mi capita spesso di parlare con gente totalmente disinteressata alla politica. Quello che chiedo loro è che credano. Per esempio, nessuna proposta di governo aveva mai incluso il lavoro domestico nel programma. E di questa inclusione godranno sia quelli che l’hanno votato, sia quelli che non l’hanno fatto. Ed anche quelli che non si sono neppure avvicinati alle urne.»

Non è una chimera chiedere di credere a chi non crede?

«Il mio messaggio a queste persone è che osservino il cambiamento che si sta producendo nel nostro paese ed alla fine giudichino se quello che si è detto è stato realizzato.»

E come si parla a quelle stesse persone che dovranno obbligatoriamente votare nel referendum di approvazione della nuova Costituzione?

«Quello sarà un enorme lavoro. La Casa Costituente di Arica, recentemente inaugurata, sarà uno spazio dove la gente potrà avvicinarsi anche fisicamente al processo costituente. Tutto il gruppo costituente della zona sarà presente e a disposizione per il dialogo. Sin d’ora stiamo iniziando a lavorare in una pre-campagna per il referendum d’approvazione e la parte interessante è che le persone contrarie o disinteressate vengono a discutere. Quando ci vedono per strada si fermano e chiedono qualcosa. E lì si gioca la nostra capacità di saper ascoltare e convincere. Ci è successo che il nostro sforzo non abbia sortito alcun effetto o che alcuni ci abbiano detto “ci penserò” ed infine che siamo anche riusciti a convincere qualcuno. Non ci dobbiamo dimenticare che una parte della destra ha iniziato a fare propaganda per il “rechazo” (non approvazione, ndr) dal primo giorno di insediamento dell’Assemblea. Quella destra non cambierà e ci sono costituenti nella stessa Assemblea che sono da sempre in campagna per il “rechazo”. Certamente trascorreremo i giorni di campagna per strada, consumandoci le suole.»