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Dieci curiosità calcistiche e geopolitiche su Euro2020

L’11 giugno 2021 prende il via Euro2020, l’europeo di calcio, con la partita tra Italia e Turchia a Roma. La pandemia di Covid-19 ha fatto slittare di un anno l’avvio della maggiore competizione calcistica del vecchio continente ma la dicitura è rimasta la stessa. Si tratta della prima volta, infatti, che un europeo di calcio viene giocato in un anno dispari.
Ventuno ha raccolto dieci curiosità calcistiche e geopolitiche che caratterizzeranno la 16esima edizione dell’Europeo. D’altronde calcio e politica hanno sempre intrecciato i destini del vecchio continente e, spesso, le manifestazioni sportive sono state sia luogo di scontro tra fazioni rivali che un modo per provare a pacificarle.

1. Prima edizione itinerante

Per la prima volta nella storia l’europeo di calcio non si svolgerà soltanto in una o due nazioni, così come accaduto in passato, ma in 11 città d’Europa. La decisione non ha nulla a che vedere con la pandemia da coronavirus scoppiata nel 2020 in quanto era stata presa dall’Uefa, nel 2012, per celebrare i 60 anni del torneo, nato nel 1960.
Non essendoci un paese ospitante nessuna nazionale si è qualificata di diritto alla fase finale. A rompere la tradizione dell’unico paese ospitante, era stato l’Europeo del 2000, assegnato per la prima volta a due paesi, Belgio e Paesi Bassi. Lo stesso avvenne per le edizioni 2008 in Austria e Svizzera e 2012 in Polonia e Ucraina.

Le 24 partecipanti a Euro2020 (dal sito ufficiale della Uefa)

Gran parte del fascino di questa edizione sta proprio nella scelta delle diverse sedi della manifestazione, con tutte le conseguenze geografiche e geopolitiche del caso. Le 24 nazionali che hanno avuto accesso alla fase finale non avranno, perciò, una sede fissa ma voleranno sui cieli dell’Europa per poter alzare la coppa Henri Delaunay, il trofeo che ricorda, per forma e stile, la prima Coppa dei Campioni. Si tratta, inoltre, della seconda edizione aperta a 24 squadre. Si qualificano le prime due di ognuno dei sei gruppi e le quattro migliori terze. Il Portogallo di Cristiano Ronaldo è la detentrice del titolo. Francia, Spagna e Germania le potenziali vincitrici, con Inghilterra e Belgio possibili sorprese. Oltre all’Italia.

2. Trasferte lunghe nel girone dell’Italia

Quello che salta subito all’occhio, anche del più disattento studente di geografia, è la grande distanza che dovranno affrontare le nazionali del gruppo A, quello di Italia, Svizzera, Turchia e Galles, per via delle due sedi del girone, ossia Roma e Baku, in Azerbaijan. Mentre l’Italia, da testa di serie, giocherà tutte le partite del girone dell’europeo di calcio allo stadio Olimpico di Roma, le altre tre gare partecipanti del gruppo A dovranno affrontare i 3.000 chilometri di volo per raggiungere la capitale azera, sul mar Caspio. La Svizzera è quella maggiormente penalizzata in quanto giocherà la prima gara del girone in Azerbaijan, per poi volare a Roma e affrontare l’Italia e ritornare a Baku per l’ultima gara contro la Turchia. Tuttavia, la scelta di Baku ha fatto storcere il naso alla federazione armena per via del conflitto tra i due paesi ex sovietici per il Nagorno-Karabakh. Lo stesso era già accaduto nel 2019 quando nello stesso stadio si svolse la finale di Europa League.
Gli ultimi sconti risalgono a settembre-novembre 2020, con una serie di bombardamenti e migliaia di morti per il controllo della regione dell’Artsakh. Senza contare che proprio la Turchia del presidente Erdogan ha appoggiato, per continuità etnica, l’azione dell’Azerbaigian. Mentre il presidente russo Putin ha imposto una pace ai due contendenti.

3. Fase finale nel tempio del calcio

Se l’Inghilterra è considerata la patria del calcio, oltre che il luogo in cui lo sport col maggior seguito mondiale, lo si deve alla sua invenzione, almeno nella versione moderna, nel 1848. Ma è anche per via dello stadio di Wembley, palcoscenico prediletto della nazionale inglese e vero tempio per tutti i credenti al dio-pallone. Sarà proprio lo stadio londinese ad ospitare la fase finale del torneo con semifinali e finale che si giocheranno tra il 6 e l’11 luglio.

Lo stadio di Wembley, sede della finale l’11 luglio.

Wembley ospiterà anche tutte e tre le partite dell’Inghilterra, per il gruppo D, e se la nazionale dei Tre leoni dovesse andare avanti come prima anche gli ottavi. Glasgow è invece l’altra sede scelta, con la Scozia che darà vita al derby britannico contro i padroni di casa all’interno dello stesso girone.
Le altre sedi scelte sono Copenaghen e San Pietroburgo nel girone di Danimarca e Russia, con quest’ultima che dovrà spostarsi per la sfida ai danesi. Nel gruppo C, le sedi sono Amsterdam e Bucarest, con la presenza dell’Olanda nel girone ma non della Romania che non è riuscita a qualificarsi alla fase finale.
Per il gruppo E le sedi sono Siviglia per la nazionale spagnola e San Pietroburgo per quella svedese. La scelta sembra casuale. Ma l’impero svedese a inizio Settecento aveva messo piede nella regione dell’Ingria, su cui sorge quella che fu la capitale degli zar. A chiudere i sei gruppi ci sono le sedi di Monaco di Baviera che ospiterà le gare della nazionale tedesca e Budapest per quelle dell’Ungheria. Quest’ultima appare come la vera cenerentola della competizione, capitata nel gruppo con le tre candidate alla vittoria finale: la Francia campione del mondo, il Portogallo campione d’Europa in carica e la Germania.

4. Nazionali che non esistono più e la monetina per la finale

La prima edizione, quella del 1960, vide un podio di nazioni che ora non esistono più. Vinse l’Unione sovietica, 2-1 contro la Jugoslavia. Mentre la finale per stabilire l’ultimo gradino del podio venne vinta dalla Cecoslovacchia ai danni della Francia, paese ospitante quell’anno. La qualificazione al torneo prevedeva degli scontri, andata e ritorno, fra le maggiori nazionali europee dell’epoca, ma non l’Italia che non vi prese parte. Alla fase finale andarono solo le quattro squadre già citate. Di queste, tre si disgregarono nel corso dei decenni con lo sfaldarsi del comunismo sovietico. L’ultima partecipazione dell’Urss risale al 1988, sconfitta in finale 2-0 dall’Olanda di Van Basten.
Per la Cecoslovacchia del mito Panenka – suo il primo cucchiaio su un calcio di rigore molto prima di Francesco Totti – i mondiali del ’90 rappresentano l’ultima competizione giocata prima della Rivoluzione di velluto che darà la nascita a Slovacchia e Repubblica Ceca.

Il cucchiaio di Panenka agli europei del 1976 che vale il titolo per la Cecoslovacchia

Così come per la Jugoslavia che giocherà l’ultima partita a Italia90 prima di disgregarsi per la guerra dei Balcani, in una squadra che racchiudeva, tra gli altri, il croato Suker, il montenegrino Savicevic, il macedone Pancev e il serbo Stojkovic.
L’edizione del 1968 è l’unica vinta dall’Italia. E anche qui tornano Unione Sovietica e Jugoslavia. La prima venne affrontata in semifinale a Napoli in un incontro terminato 0 a 0. A decidere il passaggio in finale è la sorte. Non quella dagli 11 metri che spesso ha arriso agli azzurri, non previsti in quella competizione. Ma quella del lancio della monetina con il capitano, Giacinto Facchetti, che sceglie la faccia giusta delle 100 lire usate dall’arbitro del match in quello che era tutto un altro calcio. Nella finale con la Jugoslavia gli azzurri pareggiano nuovamente, 1-1 con gol di Domenghini. Viene però deciso di rigiocare la finale, appena due giorni dopo. L’Italia vince 2-0 con gol di Gigi Riva e Pietro Anastasi. Quello rappresenta l’unico trionfo continentale per gli azzurri.

5. Questione maglie e il conflitto tra Ucraina e Russia

Nei giorni precedenti all’avvio di Euro2020 ha tenuto banco la polemica per la nuova maglia dell’Ucraina. La nazionale guidata dall’ex campione rossonero Andriy Shevchenko ha infatti presentato la divisa da gioco con stampata sul petto la mappa della nazione, inclusa la penisola della Crimea, formalmente annessa alla Russia. All’interno della divisa è anche presente lo slogan «Gloria ai nostri eroi», usato nella rivolta popolare anti-russa a Maidan. Ciò ha suscitato l’ira di Mosca e del presidente Putin che ha chiesto, attraverso la sua portavoce diplomatica Maria Zakharova, di rimuovere il contenuto politico dalle maglie. «Siate eroi sportivi e avrete gloria: non è con slogan nazionalistici che onorerete la patria», ha affermato la diplomatica. L’Uefa ha imposto all’Ucraina di rimuovere il contenuto politico dalle sue maglie ufficiali ma non la mappa in quanto l’annessione russa di quei territori non è riconosciuta a livello internazionale. Così per Shevchenko «non c’è stato alcun incidente diplomatico».

La maglia ufficiale dell’Ucraina per Euro2020 con la penisola della Crimea

Tuttavia ancora non è chiaro con quale maglia scenderà in campo l’Ucraina per la prima gara. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, si è infatti detto soddisfatto dalla decisione presa dalla nazionale di esporre «i simboli che uniscono gli ucraini». A dargli man forte ci ha pensato anche il presidente della federazione, Andriy Pavelko, che ha detto che «la sagoma dell’Ucraina tutta darà la forza ai giocatori». Già in fase di sorteggio era stato stabilito che Ucraina e Russia non sarebbero state raggruppate all’interno dello stesso girone. Stando così la disposizione del tabellone, è quasi impossibile che le due nazionali si incontrino se non prima delle semifinali. Ma, probabilmente, entrambe saranno già a casa per quella fase.

6. «Southgate è un comunista». La polemica sulla solidarietà dell’Inghilterra al Black Lives matter

«Inginocchiarsi è un gesto marxista». A dirlo è stato Nigel Farage, il leader del partito nazionalista artefice della Brexit. Farage si è scagliato principalmente contro il ct dell’Inghilterra, Gareth Southgate, per aver acconsentito a questa usanza, così come riporta Politico. Da alcune partite i calciatori inglesi si inginocchiano in segno di solidarietà con il Black Lives Matter, il movimento nato dall’uccisione di George Floyd da parte di un poliziotto negli Usa, sulla scia di quanto avvenuto anche in altri sport per sensibilizzare sul tema del razzismo. La componente nera è sempre stata fondamentale per la nazionale di Sua Maestà, anche a seguito del passato coloniale e Raheem Sterling, Marcus Rashford e Jadon Sancho sono fra i maggiori promotori dell’iniziativa. Il gesto è stato proposto al fischio di inizio di tutte le partite della Premier League appena conclusa e riproposto anche nelle amichevoli dell’Inghilterra con Austria e Romania, ricevendo però fischi dagli spalti. Per Farage «gli sportivi non devono occuparsi di politica. E il BLM non ha nulla a che fare con l’uguaglianza di opportunità o la giustizia sociale. Ma significa solidarizzare con una organizzazione marxista che vuole distruggere il capitalismo occidentale, cancellare il nostro modo di vivere e sostituirlo con un nuovo ordine comunista».

L’inglese Raheem Sterling inginocchiatosi per il BLM nell’amichevole contro la Polonia

Southgate, dalla sua, ha sottolineato l’importanza del gesto di inginocchiarsi dicendo che la nazionale avrebbe continuato a riproporlo ignorando le critiche. Il premier Boris Johnson ha invece solidarizzato con l’iniziativa della nazionale inglese.

7. Italia senza giocatori neri

La polemica sulla presenza di giocatori neri ha colpito anche l’Italia. Nei giorni scorsi dalla Francia è arrivata una critica a Roberto Mancini e alla nazionale per non avere in rosa calciatori neri, così come accade per le nazionali di Paesi sovranisti, Ungheria e Polonia su tutte. A rilanciare la polemica sono stati però i quotidiani legati alla destra da Il Giornale a La Verità, riportando i commenti di generici tifosi transalpini. La realtà dice però altro. Mancini ha sempre convocato i calciatori senza basarsi su presunte differenze etniche o del colore della pelle. Pur avendo lasciato a casa Moise Kean e Angelo Ogbonna, di pelle nera ma italianissimi, ha però convocato gli oriundi. I tre con origini sudamericane sono Emerson Palmieri, Jorginho Frello e Rafael Toloi.
Tolte le nazionali con un passato coloniale e una forte componente multietnica, come Portogallo, Francia, Olanda e Inghilterra, occorre dire che in quasi tutte le rose sono presenti calciatori di diversa etnia, così come accade per tutti gli sport senza troppo clamore. Ad esempio gli scandinavi Alexander Isak, di origini eritree, ma nato in Svezia vicino Stoccolma o Yussuf Poulsen, nato a Copenaghen da padre tanzaniano e in forza alla Danimarca. Così come lo spagnolo di origine maliana Adama Traoré o il tedesco con padre ivoriano Serge Gnabry.

8. Le nazionali esordienti

Sono solo due le nazionali che non hanno mai preso parte a una fase finale dell’Europeo e che esordiscono a Euro2020: Finlandia e Macedonia del Nord. Per gli scandinavi è la prima volta in un grande torneo dopo ben 12 tentativi di qualificazione europea andati a vuoto. Lo stesso è accaduto per quelle mondiali. La nazionale finnica non ha mai avuto una grande tradizione calcistica rispetto alle sue corregionali, Norvegia e Svezia, ma negli ultimi anni ha investito tanto sulle strutture pubbliche coperte per potersi allenare a quelle latitudini. La Finlandia è arrivata a Euro2020 passando come seconda nel girone di qualificazione dove si trovava insieme all’Italia. Questo comporta tutto quel carico di fascino da farla diventare, anche per il fatto di essere una esordiente assoluta, la “squadra simpatia del torneo”. Così come lo era stata l’Islanda a Euro2016 e poi ai successivi mondiali in cui molti italiani si trovarono a tifare per la nazionale atlantica per via della mancata qualificazione degli azzurri.
Anche la Macedonia del Nord, con il suo nuovo nome dopo il referendum del 2018 a discapito di Macedonia, partecipa per la prima volta alla fase finale di un torneo. Si tratta del penultimo paese della ex Jugoslavia a qualificarsi per un torneo internazionale. Resta fuori solo il Kosovo che, però, non è riconosciuto da Serbia e Russia.

9. Le favole dell’Europeo

Difficilmente Finlandia e Macedonia del Nord potranno riservare sorprese durante la competizione. Così come è accaduto in precedenza a due autentiche favole. Nel 1992 la Danimarca riesce a vincere il trofeo pur non riuscendo a qualificarsi alla fase finale. Ma prima dell’inizio del torneo la Jugoslavia è costretta a ritirarsi a causa dello scoppio della guerra. Viene così sostituita dalla nazionale danese che, superato il girone, si ritrova in semifinale dove batte ai rigori l’Olanda di Gullit, Rijkaard e Van Basten e poi in finale dove sconfigge la Germania, unita dopo il crollo dell’Unione sovietica, per 2-0. Meteora di quell’europeo e uno dei giocatori simbolo con tre gol messi a segno è Henrik Larsen, centrocampista del Pisa e capocannoniere della competizione.

La Grecia campione d’Europa 2004, uno dei momenti meno pronosticabili mai accaduti.

Stesso destino, 12 anni dopo per Angelos Charisteas, centravanti della Grecia che inaspettatamente trionfa grazie a tre sue reti nella fase finale. La squadra guidata da Otto Rehhagel si impone grazie alla solidità difensiva, riuscendo a non far giocare i ben più quotati avversari. Dopo aver superato il girone come seconda, a discapito di Spagna e Russia, nelle sfide secche elimina Francia e Repubblica Ceca con un doppio 1a0. I cechi vengono battuti ai supplementari grazie a un’incornata su azione d’angolo del difensore Dellas e a un gioco che fa del catenaccio l’arma migliore. Stessa sorte e medesimo risultato anche in finale con il Portogallo padrone di casa. Questa volta a segnare di testa, ancora da calcio d’angolo, è sempre Charisteas.

10. L’incognita Covid e l’esordio dell’Italia

Proprio per il rischio Covid le rose dei convocati sono state allargate a 26 giocatori. Se le federazioni dovessero avere un focolaio all’interno della loro squadra possono richiedere un rinvio ma l’Uefa ha deciso che fino a 13 persone positive si può giocare. Nel caso in cui una squadra non si dovesse presentare per positività al coronavirus rischierebbe la sconfitta a tavolino.
La Spagna di Luis Enrique è stata la prima formazione ad aver avuto positivi al Covid durante il ritiro con il caso di Sergio Busquets e la paura di un focolaio. Al contrario di altre nazionali, quella spagnola non è stata vaccinata prima del torneo. Ciò ha generato una polemica all’interno del paese, generata da diversi giornali spagnoli come El Mundo, con il premier Pedro Sanchez che ha negato una via preferenziale per le Furie rosse. Tuttavia, il ct Luis Enrique ha allungato la lista dei convocati da 24 a 26 senza però chiamare, per la prima volta nella storia, alcun calciatore del Real Madrid. L’ex tecnico del Barcellona è stato così accusato di essere un anti-madridista.

Lo sport post-Covid: Italia-Turchia

Euro2020 rappresenta il punto di ripartenza per l’Europa dopo lo stop per il coronavirus. (Sul tema leggi anche Inter campione. Quelle vittorie che cambiano una comunità).
Gli stadi, infatti, saranno aperti al pubblico con una capienza ridotta al 25 per cento. Con la speranza di un ritorno alla normalità della fase precedente alla pandemia.
Per la partita inaugurale, Italia-Turchia, sono previsti 15mila spettatori a Roma, di cui tremila tifosi turchi. (Sull’Italia leggi anche Effetto tampone: l’Italia frena ma non si ferma)
Ultima curiosità prima del match: non è la prima volta che l’Italia fa l’esordio in un torneo continentale contro la Turchia.

Il gol in rovesciata di Conte a Euro2000 contro la Turchia

Era già accaduto a Euro2000 con vittoria per 2-1 grazie ai gol di Antonio Conte in rovesciata e di Pippo Inzaghi su rigore. L’Italia arrivò in finale perdendo al golden goal contro la Francia di Zidane e Trezeguet. Anche allora era l’11 giugno.