Del caso Schwazer, del doping e di altri veleni. Parte 3

Pubblichiamo la terza parte di un approfondimento sul caso Schwazer e sul doping nello sport a firma del giornalista Diego Costa (leggi qui la prima parte, leggi qui la seconda parte).

Resta da affrontare l’incidenza del doping nel mondo delle cosiddette “imprese sportive”.

Non sono bastate senza dubbio le più eclatanti operazioni di polizia applicata allo sport, come la squalifica di Ben Johnson a Seoul o il caso Pantani, come deterrenti nell’uso delle sostanze vietate per scopi di carriera professionistica sportiva. Il doping, come qualsiasi altro ambito che riguarda la Medicina, è in continua evoluzione.

Possiamo tranquillamente parlare di epoche di doping, dall’uso degli ormoni anabolizzanti all’emodoping fino al più moderno, ma non meno pericoloso e dannoso, uso dell’ormone della crescita.

Abbiamo visto paladini della lotta antidoping finire nella rete passando da angeli a demoni, sostenendo le tesi difensive più grottesche e diversificate (dal kenyano d’Europa Dieter Baumann, che disse di essere stato dopato a sua insaputa, mettendo il doping nel dentifricio, alla imbattibile specialista dei 100 ostacoli, la russa Narozhilenko, che riuscì a dimostrare alla corte sportiva che a mettere le sostanze dopanti nella minestra era stato il marito, poiché aveva scoperto la tresca tra lei e il suo allenatore, lo svedese Engqvist, che poi Lyudmila sposò…

Certo è che lei ha poi avuto non pochi problemi di salute, legati forse a quelle sostanze proibite. Ci sono stati molti altri campioni che si sono difesi asserendo di aver assunto farmaci con etichette scritte in cinese, e dunque non in grado di sapere cosa assumessero (!)

Poi l’auto-emotrasfusione, pratica vietata, di prelievo e di inietto del proprio sangue prima dell’allenamento e prima delle gare, pratica ammessa da alcuni Mostri sacri del nostro sport; che dire poi di Carl Lewis, mai squalificato, cui fu consegnato d’ufficio il titolo olimpico di Seoul 88 per la squalifica di Ben Johnson, che pochi anni dopo ammise di aver fatto parte del programma Orange, e di aver assunto non bene identificati prodotti come indicati dallo sport americano.

Ora siamo ai controlli del Dna. Resi necessari dall’avanzata del doping attraverso l’ormone della crescita. Metodo introdotto all’inizio degli anni 90, da “kamikaze” del pesismo, di nazionalità bulgara.

Giovani atleti candidati all’obitorio, cavie senza un domani, che si erano presentati ai mondiali delle loro specialità pesistiche da perfetti sconosciuti, finendo imprevedibilmente e incredibilmente da signori Nessuno a Campioni iridati. Giovani assassinati da questi progetti, spariti perché prematuramente scomparsi solo pochi anni dopo, vittime di tumori cerebrali.

Argomenti denunciati dal biochimico americano Bob Goldman nel suo “Death in the Locker Room: Steroids & Sports”, ancora una trentina di anni fa. Quando Goldman ci fa sapere che, allora, il farmaco con l’ormone della crescita veniva sintetizzato su espressa richiesta medica all’unica industria farmaceutica interessata a produrlo, con sede in Svezia.

Ora vi è sufficiente scrivere su google ormone della crescita o ormone Gh per ottenere pagine e pagine di indirizzi a cui rivolgersi per ottenere questo farmaco. Come mai? Vi pare di aver notato nella popolazione mondiale, da trent’anni a questa parte, un’anomala diffusione della sindrome del nanismo?

Conclusioni: potremmo smontare miti dello sport che neppure voi umani… direbbe l’androide di un Blade Runner applicato alle nostre discipline. Ma come i campioni del calcio risposero, interrogati in procura sulla materia da uno zelante giudice, avvaliamoci della facoltà di non rispondere.

Anche perchè si andrebbero a toccare interessi giganteschi, ottenendone in cambio una quantità industriale di minacce.

Di sicuro la storia moderna delle sostanze illecite volte a favorire le prestazioni sportive insegna una regola generale: le pratiche dopanti sono veramente molto pericolose per la salute quando ancora sono nella loro fase iniziale, sperimentale. Certe vittime eccellenti colpite da patologie fulminanti ne sono state vittima. Basta il colpo d’occhio e la collocazione storica delle vicende per intuirlo.

Il nostro zelo? Prendetelo come la risposta da dare a quelle  mamme che… “mio figlio sogna di diventare un campione”.

Cara signora, rispondetele per amor patrio, lo sport di vertice non va preso ad esempio. Lasci dunque che suo figlio corra dietro al pallone o salti un’asticella o giochi a tennis innanzitutto per divertimento. Unico modo possibile per essere coerenti con quella parolina. Sport, intende?