Bavaro, SI Puglia: «Sentenza Ilva importante, ma siamo fiduciosi che Vendola verrà assolto»

Vendola

«Perfino gli oppositori di Nichi Vendola pensano che alla fine in secondo grado sarà assolto. Noi abbiamo fiducia nella giustizia e pensiamo che quindi alla fine verrà riconosciuto estraneo ai fatti».

Sono sentimenti contrastanti quelli che animano Nicola Bavaro (foto accanto), segretario di Sinistra italiana in Puglia, uno degli eredi della storia politica vendoliana. Da una parte una sentenza che aspettava e auspicava da tempo, dall’altra la condanna per concussione proprio del leader in cui per anni ha riposto la speranza di una svolta per Taranto.

La scorsa settimana i giudici del tribunale tarantino hanno riconosciuto i danni che l’Ilva ha provocato al capoluogo ionico. Hanno nello stesso tempo però condannato l’ex presidente della regione Puglia per presunte pressioni che avrebbe fatto sull’allora direttore generale di Arpa Puglia Giorgio Assennato. Secondo i giudici si voleva ammorbidire una dura azione di controllo contro la fabbrica tarantina.

«Innanzitutto – commenta Bavaro – è una sentenza importante, che porta elementi di chiarezza e dice una cosa sulla quale nella mia vita politica mi sono battuto per anni. Riconosce la gravità dell’inquinamento a cui l’Ilva ha sottoposto il territorio».

E invece cosa pensa della condanna di Nichi Vendola?

«Mi dispiace che sia stato collocato con questa sentenza sul lato sbagliato della barricata. Questa battaglia giudiziaria è basata sui dati del monitoraggio fatti proprio nell’era Vendola, perché con la sua presidenza si è posta l’attenzione sul problema. Prima non si è mai monitorata la situazione dell’Ilva».

Voi vi professate sicuri di un’assoluzione per Vendola nei gradi del processo che verranno. E se non dovesse essere così?

«Certo si mettono in conto tutte le possibilità. Abbiamo però fiducia nella giustizia e siamo convinti che già nel secondo grado Vendola verrà assolto».

Le parole dure di Vendola contro la sentenza sono state però molto criticate…

«Le commento con profondo dispiacere. Sono le parole di dolore di un uomo che ha speso la sua salute e vita per Taranto. Parole che lui stesso ha definito dure e si è scusato a Piazza Pulita– trasmissione di La7-. È sempre complicato reagire con distacco quando si toccano quarant’anni di impegno politico».

La levata di scudi di tutta la sinistra contro la sentenza è un inedito. Forse la coalizione progressista a differenza del centrodestra è sempre stata un po’ più succube nei confronti della magistratura e adesso vive questa condanna con maggiore malessere. La destra tende invece a non basare troppo il giudizio sui propri leader sulla base delle decisioni giudiziarie…  

«Sì, a sinistra c’è più intransigenza. Ed è anche vero e va riconosciuto che questa intransigenza etica può portare a un vero e proprio giustizialismo. Inoltre porta a una confusione tra la fiducia nella giustizia e quella nei confronti di tutti coloro che la esercitano. Fortunatamente però in Italia abbiamo una Costituzione garantista, che ci tiene al riparo dagli errori. Affidiamoci dunque alla Costituzione, che prevede tre gradi di giudizio, fino ai quali c’è sempre presunzione di innocenza».

Ritenete che questa vicenda possa appannare l’immagine del governo Vendola e della primavera pugliese?

«Ritengo che non si possano ridurre 10 anni di governo Vendola a questa sentenza. Per esempio proprio sull’Ilva… La Costituzione italiana ci dice che in materia di ambiente può legiferare solo lo stato centrale. Eppure con leggi regionali proprio su questo tema il governo Vendola ha cercato di intervenire per superare le lacune della legge nazionale. Ora Vendola viene condannato. Ci si dimentica che lui qualcosa ha cercato di farla, mentre a livello nazionale ci sono stati due governi Berlusconi che non hanno fatto nulla».

Anche Rocco Palese, candidato Pdl alla regione Puglia nel 2010, ha ricordato al Corriere che ci fu una trattativa con il governo Berlusconi. La Puglia aveva varato una legge che anticipava l’entrata in vigore di una normativa UE, che abbassava il limite delle emissioni inquinanti tollerabili. La Regione dovette, secondo Palese, portare nella sua norma (originariamente più stringente) i limiti ai livelli previsti dalla normativa europea, per non vedersi impugnato dal governo questo provvedimento davanti alla Corte costituzionale.  

«Sì, in materia ambientale – per esempio su nucleare e su acqua pubblica n.d.r. – le norme pugliesi venivano spesso impugnate presso la corte Costituzionale dall’allora ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto. Perché per la nostra Costituzione, la Puglia non aveva competenza in materia».

Dunque secondo lei si colpisce proprio qualcuno che su questo tema ha cercato di intervenire…

«Ci si dimenticano poi i decenni di silenzio prima di Vendola su questa realtà, che ha continuato ad inquinare anche dopo l’intervento della magistratura. Ci si dimentica che la famiglia Riva, proprietaria della fabbrica tarantina, ha finanziato tanti politici italiani».

Cosa è stata la primavera pugliese per lei?

«Io l’ho vissuta da giovane pugliese che viveva a Bologna ed è tornato. Per me è stata principalmente ‘riscatto’. Riscatto di una terra, ma anche dei più fragili suoi abitanti, che finalmente non erano più costretti ad andare con il cappello in mano dai soliti potenti. È stato ridare pari opportunità laddove prima c’era possibilità di crescita solo attraverso l’affiliazione ai tradizionali poteri. Abbiamo dato ad una terra bellissima le migliori leggi d’Europa in materia di tutela del paesaggio».

Per lei queste cose verranno riconosciute dai posteri, malgrado questa vicenda?

«Per me tutto questo rimarrà nella storia».

E gli errori?

«Se la domanda è: tutto è andato bene? Beh no… Taranto comunque è stata una ferita».

Oggi cosa rimane di quella stagione nell’era Emiliano?

«Ogni stagione è una stagione a sé. Dentro l’esperienza Emiliano ci sono molte cose che rimangono della stagione della primavera. La primavera non può essere confinata però alle personalità politiche che l’hanno interpretata. Ci sono state condizioni storiche e opere diffuse che ne hanno determinato la nascita. All’epoca c’è stata una diffusa partecipazione nei territori. E oggi quello che manca è questo. La Puglia si è un po’ seduta. Non c’è più quel protagonismo diretto dei corpi intermedi che fece nascere quel periodo di cambiamento. Associazioni, partiti e movimenti hanno perso quel fermento».

Però oggi è difficile mobilitare le forze a causa della Pandemia

«Sì, ma è anche vero il contrario. La pandemia ha rivoltato le vite di tutti. Dovrebbe insegnarci a invertire l’ordine delle priorità. Oggi bisogna rendersi conto che dobbiamo rimettere al primo posto gli interessi collettivi, la sanità e il lavoro, non perché te lo dice la sinistra, ma perché lo rende evidente un evento storico. E quando questo accade bisogna recuperare una coscienza e una dinamica di partecipazione».

C’è dunque il rischio che insieme alla fine della Primavera, possa anche finire l’esperienza politica della sinistra in Puglia?

«Il rischio c’è sempre, mai in politica si deve dare qualcosa per scontato. Quando lo si fa, si va incontro alla sconfitta. Ci vuole dunque quello scatto in avanti da parte delle forze sociali di cui parlavo».

Sinistra italiana Puglia può essere considerata l’erede della storia vendoliana?

«Noi siamo sicuramente figli direttamente di quell’esperienza politica, ma Vendola è molto più trasversale. Molto più patrimonio comune per la sinistra e per la storia di questa regione. Direi fortunatamente. Vendola va oltre i vecchi confini di Sel, comprende larghe fette di altre forze politiche. Non è un caso che dopo la sentenza tutto il centrosinistra pugliese sia stato compatto nell’esprimere vicinanza all’ex presidente».

Qual è la sua opinione sul governo Emiliano?

«Purtroppo la pandemia ci costringe a concentrarci tutti soprattutto su questo problema. Spero presto si possano fare discussioni approfondite anche su altre questioni. Per esempio sull’ambiente, dove con l’assessore Anna Grazia Maraschio come Sinistra italiana e Puglia verde e solidale abbiamo responsabilità diretta di governo».

Come giudica il governo Draghi, voi vi siete chiamati fuori da questa esperienza…

«Mi sembra siano partiti con il piede sbagliato. Sblocco licenziamenti, condoni… Si aiutano i furbetti e non quelli che sono in difficoltà. Non si fa niente per giovani e disoccupati. Non si hanno forse le idee chiare sulle priorità o si crede che queste coincidano con gli interessi consolidati della grande industria».

Quale è il vostro rapporto con il Pd oggi?

«Abbiamo un confronto schietto. Noi non siamo d’accordo con la loro scelta di appoggiare il governo Draghi. Dovrebbero interrompere un’esperienza che sta avendo come unico effetto quello di far crescere Giorgia Meloni nei sondaggi».

Cresce chi è all’opposizione però e questo come Sinistra italiana vi avvantaggia

«Cresciamo anche noi è vero, perdono consensi il Pd e il M5s».

A Napoli e in Puglia continua il percorso dell’alleanza giallorossa, voi auspicate che quel modello di coalizione continui ad esistere?

«Certo. È il modello di governo che auspichiamo. Per noi è stata un’esperienza riuscita anche se breve. Può funzionare però se c’è una sinistra forte e strutturata, che riporti nel dibattito le esigenze dei più poveri. Il caso americano lo rende evidente. Joe Biden, presidente Usa, sta governando bene e sta sorprendendo con scelte di sinistra. Non sarebbe stato possibile però senza l’impegno di persone come Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez, cioè figure orientate più a sinistra all’interno della compagine che ha sostenuto l’attuale presidente (leggi anche Biden moderato o socialista?)».

Per tanti anni si è auspicata la nascita di una grande forza politica a sinistra del Pd. È Sinistra italiana? O è un ulteriore passaggio per poi creare in futuro una realtà che faccia finalmente sintesi nell’area progressista?

«Sinistra italiana è una realtà che esiste ed è in crescita. È nei territori ed è nel Parlamento. Noi siamo disponibili a un percorso per creare a sinistra realtà più larghe, tanto è vero che abbiamo sciolto Sel proprio per dare vita ad un cammino che potesse includere tutti. Però dobbiamo partire da ciò che c’è ed è innegabile che Sinistra italiana oggi c’è. A sinistra c’è spesso un problema di egoismo, che spinge, coloro che vedono i partiti come realtà per promuovere sé stessi e fare carriera, a non costruire, ma fare scelte basate sulle proprie ambizioni personali. Ed è un problema centrale che rende difficile la costruzione di un percorso forte».

A proposito di Primavera pugliese, sinistra e governo leggi anche l’intervista a Leo Palmisano