“Volevosoloaprireunmuseo”, la Matera che guarda al futuro e all’arte, malgrado la burocrazia

«Matera è il posto giusto per il mio progetto: aprire un museo dove produrre ed esporre arte contemporanea. Non sarebbe fattibile un’operazione del genere in città come Bologna, Firenze o Milano, perché lì il mercato è saturo». Mauro Acito ha 29 anni. È un millennial con idee chiare, progetti costruiti su competenze, anni di studio ed esperienze formatesi in luoghi diversi. Sensibilità che cercano ora una sintesi, di farsi espressione creatrice nel cuore antico della città dove è nato.

È un figlio del Sud del terzo Millennio e di quella parte del Mezzogiorno che negli ultimi anni, essendo cresciuta, non ne vuole più sapere di certe narrazioni. «Evitiamo la retorica dei ragazzi che tornano al Sud, degli eroi che si sacrificano. È offensiva anche per i territori. Sono tornato a Matera nel 2016, perché ho visto fermento. Era la vigilia del 2019, l’anno in cui la mia città sarebbe diventata Capitale europea della cultura. Ho studiato a Torino e a Venezia, sono laureato in Economia e gestione dell’arte e delle attività culturali e ho anche un’esperienza al MIMA, un museo d’arte contemporanea di Bruxelles. Ho ritenuto che Matera fosse il posto giusto per esprimere le mie competenze».

Il progetto giusto per la città dei sassi

Il suo non è un sogno, si basa su un’analisi e conoscenza del territorio precisi: «So che a Milano in generale ci sono più possibilità, più comodità. So che tante esperienze non sono replicabili qui in Basilicata. Per esempio non potrei mai proporre un locale dedicato alla musica Indie. Su una popolazione totale di 500mila lucani è difficile avere abbastanza pubblico da rendere un’impresa come questa sostenibile, anche perché i turisti non sarebbero interessati a serate dedicate a quel tipo di musica. Per quello che voglio proporre, invece, la mia terra è perfetta, ci sono delle praterie».

Così inizia a spiegare il suo progetto, intrecciandolo alle specificità del suo territorio: «Voglio creare un luogo che racconti la mia città per quello che è oggi. Non una galleria che ospiti realtà preconfezionate e standardizzate. Voglio ospitare artisti italiani, stranieri, anche americani che producano qui qualcosa. Mi rivolgo all’arte non accademica contemporanea. All’Urban art, alle arti grafiche, al fumetto».

La Matera di Mauro
Mauro Acito

Nel passato è stata prodotta bellezza e bisogna continuare a farlo se si vuole costruire futuro: «Altrimenti il rischio è una desertificazione di un territorio che sarebbe florido. Matera è una città immersa in un paesaggio bucolico, ma anche moderna. A quaranta minuti c’è l’aeroporto e la città di Bari e questo rappresenta una ricchezza. Inoltre sono trent’anni che è in crescita e mi sembra inutile continuare con una narrazione d’antan. Esistono 12 case museo in uno spazio di poche vie che raccontano una storia, per certi versi distorta, della Matera povera. Una realtà che avrà prodotto anche bellezza, ma è terribile e non possiamo condannarci per sempre a una narrazione che ghettizza il territorio all’interno del racconto delle sue miserie passate».

È vero, Matera ha un passato che l’ha resa forse la città più bella del Sud, un set cinematografico perfetto (leggi anche Da Pasolini a De André, la Passione di Cristo per credenti e atei), ma spesso ci si dimentica che tra i suoi sassi si consumavano condizioni sociali terribili, oggi inaccettabili: «È una storia che io non ho mai conosciuto e che non c’entra niente con la realtà in cui ho vissuto. Sono nato nel 1992, nel ’93 giunge il riconoscimento di Matera patrimonio dell’Unesco. Sono praticamente coetaneo di una città che di quel passato ha ereditato solo il paesaggio affascinante, valorizzandone l’unicità. Siamo cresciuti insieme, io e questa comunità, che scandiva la mia vita registrando ogni anno un nuovo incremento turistico, trasformandosi costantemente per diventare quella capitale della cultura che oggi conosciamo».

Sembra a volte piaccia relegare il Sud a questo passato romantico e decadente, a questa miseria che i sentieri turistici e culturali a volte parrebbero voler perpetuare: «Non riguarda solo Matera, penso alla Puglia che tanto ha fatto per scrollarsi di dosso una certa immagine eppure al cinema viene ancora spesso rappresentata attraverso le lotte del suo passato contadino. Non possiamo continuare ad essere solo questo».

Poteva diventare un B&B e invece…
La torre medievale dove nascerà il TAM

Così a fine 2017 arriva una sorpresa, sotto le sembianze di un passato dalle vesti medievali, che ispira la creatività e la voglia di produrre futuro del giovane lucano: «Ho scoperto che mia zia possedeva una torre medievale nel cuore del Sasso caveoso. In sé, la torre, di cui si hanno poche informazioni (si parla dell’edificio in un documento del ‘300), non è agibile. È la costruzione che la circonda, sempre di proprietà privata, che inizia ad affascinarmi».

Così varcando la soglia di questa costruzione, che fa parte della storia dimenticata della sua famiglia, Mauro disegna nella sua mente un viaggio nel tempo che cuce passato e futuro: «Era un rudere, circondato da una folta vegetazione che ormai ne nascondeva l’esistenza. Era uno spazio non grandissimo, ma composto da tanti locali. Iniziavo a immaginare un percorso espositivo. Certo non è perfetta come una struttura contemporanea che può adattarsi ad ogni contenuto. Qui le esposizioni dovranno dialogare con le pareti, le forme e la storia del contenitore. E anche questa ibridazione tra passato e futuro mi affascina».

Sicuramente non la scelta più facile e immediata: «Sarebbe stato il B&B più bello d’Europa, con quella terrazza che si affaccia su una Matera da fiaba (Vedi foto in evidenza, credits “Volevosoloaprireunmuseo”). Però ho pensato che avrei aggiunto l’ennesima copia di ciò che già c’era. Io ho studiato per lavorare con l’arte. Avevo una ghiotta occasione di mettere a frutto tutto ciò che avevo imparato. Sono riuscito a convincere la mia famiglia a darmi fiducia».

Il progetto

«Nasce l’idea del TAM già all’inizio del 2018. L’acronimo significa Tower Art Museum ed è il ribaltamento di Mat, iniziale di Matera. Noi vogliamo ribaltare l’idea che finora è stata diffusa di questa città e il modo in cui viene fruita. Vogliamo un luogo che unisca turismo, produzione, servizi legati al terzo settore e aggregazione culturale. La nostra offerta vuole intercettare sia i cittadini permanenti che i cittadini temporanei (come noi definiamo gli ospiti che vengono a visitarla ogni anno)».

Il gruppo di soci, foto di Lucas de Reuiter

Al suo progetto aderiscono subito altri amici, con competenze adatte a questo sogno. «Gli altri soci di questa avventura sono Dario Colacicco, Debora Russo, Chiara Valzer, Silvia Parentini, Alessandro Simili e Rita Padula (mia zia). Siamo un gruppo composto da due architette, una restauratrice, una esperta in percorsi educativi, un ragazzo competente nella gestione dei servizi accessori e una persona che si occuperà di social».

L’ostacolo, la burocrazia
I lavori all’interno dei locali che custodiranno le esposizioni

«Ci siamo subito dati un’identità precisa. Perché il rischio di essere scambiati per un gruppo di ragazzini che volessero fare un dopolavoro c’era. Siamo un museo. Chi entrerà pagherà un biglietto. Il nostro è un lavoro e siamo professionisti», rivendica Mauro, per non dare luogo a fraintendimenti.

«Siamo stati una start up innovativa, oggi siamo una impresa sociale nonostante la confusione che regna nel terzo settore dopo la riforma ma nonostante questo siamo riusciti ad ottenere un mutuo dalla banca per iniziare a lavorare il prima possibile per poterlo ripagare, far quadrare i conti, guadagnare. Purtroppo non è così facile».

A costruire un muro di silenzi, attese, continui rinvii è la burocrazia, che sembra lottare contro l’esigenza di celerità di questi ragazzi: «Esiste un mostruoso ingorgo di pratiche burocratiche, specialmente a livello comunale. Una situazione determinata da una gestione rilassata, una deresponsabilizzazione non di un singolo ufficio, ma di un intero sistema, dato che i ritardi rimpallano tra vari livelli, dal più locale al nazionale. Ora i lavori sono quasi finiti. Vorremmo aprire a settembre, ma non siamo sicuri di farlo. Senza avere tutte le carte a posto, non vogliamo rischiare un’apertura “zoppa” che potrebbe danneggiarci economicamente e professionalmente. Vanno risolti i danni fatti dalle generazioni precedenti e noi non vogliamo continuare a pagare per gli errori di chi è nato prima».

Volevosoloaprireunmuseo
Video introduttivo

Così nasce a novembre 2018 il canale Youtube, il sito, la pagina Instagram “Volevosoloaprireunmuseo” in cui si rivela l’anima autoironica di Mauro. Video semplici, una comunicazione diretta ed efficace. Artigianale, preraffaelita se volessimo usare un’espressione cara alla storia dell’arte. Il racconto di un’odissea burocratica, di un’idea che pian piano sta diventando reale, delle paure e delle angosce di un gruppo di trentenni o forse di un’intera generazione: «Inizierò presto una raccolta fondi molto ironica, ma che spero colpisca. Non voglio anticipare troppo, vi dico solo che venderò il mio corpo», ride Mauro.

Intanto gli artisti della prima esposizione sono già stati contattati e sono in attesa di sapere la data in cui inizieranno a lavorare: «La prima mostra sarà con Momo, Canemorto e Studio Antani, al momento. Certo vorremmo anche avere maggiore certezza sull’inizio di questa avventura», conclude in attesa del museo che verrà.

A proposito di Sud e narrazioni, leggi anche Stasera la fiction “Lolita Lobosco”, ma raccontare un’altra Bari è possibile