«Tornerò e sarò milioni!». 240 anni dalla morte di Túpac Amaru II

Le ultime parole del peruviano Túpac Amaru II (1738-1781) hanno segnato un’eredità per l’America indigena, operaia, libera, sovrana e rebelde (leggi anche Le nuove vene aperte dell’America Latina).

L’anniversario

Oggi ricorre il 240esimo anniversario della morte del peruviano José Gabriel Condorcanqui Nogera, passato alla storia come Túpac Amaru II. Discendente della famiglia reale Inca, José Gabriel Condorcanqui, curaca di Surimana, Tungasuca e Pampamarca, adottò il nome di Túpac Amaru II e guidò la più grande rivoluzione indigena dell’era coloniale, per protestare contro i maltrattamenti che gli indiani ricevevano dai corregidores

Tra le sue richieste vi era la creazione di una corte reale a Cusco per una rapida amministrazione della giustizia, poiché c’era solo la corte reale di Lima per l’intero territorio del vicereame. In seguito espresse la volontà di rendersi indipendente dal dominio spagnolo, portando così la ribellione, originariamente di stampo riformista, a trasformarsi in indipendentista.

La rivolta anti-spagnola

La ribellione scoppiò il 4 novembre 1780 nella città di Tungasuca – vicino a Cusco – e mise in moto l’intero vicereame meridionale del Perù fino alla regione di Charcas. La rivoluzione investì 24 province dell’America Latina, avendo un impatto anche sul resto dei domini spagnoli. 

Il primo episodio della rivoluzione fu l’arresto del sindaco di Tinta, Antonio de Arriaga, giustiziato pubblicamente. Subito dopo, Túpac Amaru si incamminò verso Nord, contando sul sostegno dei campesinos che, per la maggior parte, erano armati di picconi, bastoni, asce e solo qualche arma da fuoco. In queste condizioni vinse la battaglia di Sangarará, combattuta il 18 novembre 1780, contro 1.200 soldati dell’esercito reale.

Il 27 novembre 1780, Tupac Amaru pubblicò un manifesto politico in cui spiegava le cause che avevano portato alla rivolta. Poco dopo, all’inizio di dicembre, andò a Sud, attraversò la catena del Vilcanota, passò per Lampa, Pucará ed entrò in Azángaro, cercando sostenitori alla causa. La rivolta stava sempre più prendendo piede, fin quando il viceré Agustín de Jáuregui inviò a Cusco il visitatore José Antonio de Areche – con poteri straordinari – per sedare la ribellione. Fu così che avvenne immediatamente l’esecuzione del maresciallo José del Valle

La reazione spagnola e la tragica fine

Nel gennaio 1781, gli spagnoli con rinforzi da Lima affrontarono Túpac Amaru, che aveva deciso di attaccare Cusco. Tuttavia, questo non poté spezzare il potere delle forze realiste e subì due battute d’arresto nelle battaglie di Checacupe e Combapata, per le quali fu costretto a ritirarsi. I realisti entrarono a Tinta con il sangue e il fuoco, che fu completamente distrutta. I familiari di Tupac Amaru fuggirono nella città di Langui, dove furono arrestati a causa del tradimento di un suo sostenitore. 

Tupac Amaru venne arrestato per mano di Areche e, sotto atroci torture, venne ucciso. 

Il 18 maggio 1781, nella Plaza de Armas di Cusco, Túpac Amaru II fu smembrato con l’ascia, dopo un tentativo fallito di smembrarlo usando la forza di quattro cavalli. In precedenza, era stato costretto ad assistere alla morte di sua moglie Micaela Bastidas, dei suoi due figli maggiori e di altri suoi parenti e sostenitori, mentre il suo figlio più giovane, Fernando, veniva mandato nelle carceri dell’Africa. I suoi arti mutilati furono inviati in diverse parti del Sud del vicereame e inchiodati alle picche, per servire da lezione alle popolazioni ribelli. 

La profezia e i successi postumi

Morì a 43 anni. Emblematico è l’aneddoto secondo cui, dopo essere stato legato a dei cavalli e trascinato, Túpac Amaru II urlò ai presenti «Tornerò e sarò milioni!», prima di essere decapitato. Infatti lo spirito combattivo rimase tra i suoi sostenitori, che, guidati da suo cugino Diego Cristóbal Túpac Amaru, proseguirono fino all’inizio del 1782.  

Lo straziante omicidio del rivoluzionario Inca e la feroce repressione della ribellione, che portò alla morte circa 120.000 indigeni andini, alimentò infatti la ribellione contro la dominazione spagnola, costringendola a concentrare le sue forze nel Perù meridionale, in modo che questa zona diventasse l’ultimo baluardo del potere spagnolo in Sud America. Inoltre, le colonie furono soppresse e fu creata la Corte reale di Cusco, come Túpac Amaru aveva richiesto.  

Rilevanza storica

La ribellione di Túpac Amaru, secondo lo storico Carlos Daniel Valcárcel, costituì «il più importante movimento anticolonialista, vendicatore e precursore della giustizia sociale e dell’indipendenza politica che il Perù abbia mai avuto. Il suo valore aumenta se lo ricordiamo come un evento antecedente alla Rivoluzione francese promosso da tanti altri movimenti, avvenuta quando la rivoluzione separatista americana era ancora in pieno conflitto».

Anche Francisco de Miranda, un pioniere venezuelano nella liberazione della regione, ha evidenziato nei suoi rapporti con la corona britannica, la ribellione guidata dall’indigeno Túpac Amaru II.

Un simbolo ancora oggi

Ancora oggi molti partiti e movimenti politici indigenisti di sinistra in America hanno dedicato il loro nome al leader indigeno, a causa del suo carattere patriottico, sovrano e ribelle, mantenendo vive le sue idee: il movimento rivoluzionario Túpac Amaru del Venezuela, l’Organizzazione argentina Túpac Amaru, guidata da Milagro Sala.