Comandante Szost, il polacco che ha combattuto per liberare l’Italia

Liberare l'Italia

«Ha combattuto per liberare l’Italia e odiava la guerra. Tanto che non ne voleva parlare ed io invece gli facevo molte domande. Esaltava sempre il concetto della pace. Ripeteva quanto fosse importante evitare la rabbia, i contrasti. Però quando qualcosa non gli piaceva, certo la contrastava».

Domenico Szost ritrae suo padre Pawel (Foto in evidenza durante il matrimonio con Wanda De Leonardis) come un uomo mite, ma pronto se necessario ad affrontare le battaglie rispetto alle quali non ci si poteva voltare dall’altra parte. Il suo carattere era la sintesi della sua vita. Avventurosa, ma a suo malgrado. Degna di un film solenne, di una ballata o un poema. Magari di un romanzo storico che intrecci grandi avvenimenti e personaggi illustri con le vicende di persone più umili. Coloro che la storia, spesso senza troppo volerlo, la subiscono e la fanno veramente.

Dalla Polonia ai campi di concentramento di Stalin. Dalla missione segreta in Romania, alla guerra in Africa e alla battaglia di Montecassino. Per poi ricominciare da dove aveva iniziato, un’azienda tessile, proprio come il Renzo dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, il romanzo storico più importante d’Italia. Lontano però dalla sua patria, quella Polonia dove per tanto tempo non potrà tornare.

I sogni di un imprenditore ventenne spenti dalla guerra
Liberare l'Italia, Pawel Szost
Pawel Szost

Pawel Szost nasce a Lodz in Polonia il 19 luglio del 1914. Esattamente due settimane dopo esploderà la Prima guerra mondiale. La guerra lo inseguirà purtroppo per tutta la vita.

Come suo padre (che Pawel perde mentre è ancora bambino), sente che la sua vita è nell’industria tessile. Fonda un’azienda che produce cravatte di seta nel 1935, grazie ai suoi contatti con i cinesi che gli forniscono materia prima di qualità.

Nel 1939 però Hitler, alla guida della Germania nazista, invade la Polonia. La parte orientale invece è occupata da Stalin e dalle truppe dell’Urss. Si arruola nell’esercito polacco, che viene sconfitto e dopo un periodo a Varsavia viene catturato e mandato in un campo di concentramento vicino l’Uzbekistan.

La prigionia, la fuga e l’olio salvifico

In questo campo Szost si guadagna un bel po’ di sigarette, che mette da parte, facendo il dentista e giocando a carte. Una notte però, racconta suo figlio Michele, il padre in sogno lo sprona a scambiare le sigarette con olio di fegato di merluzzo. Sarà la sua salvezza. La guerra ha distratto i sovietici, i controlli nei campi sono sempre meno stringenti. Poco dopo insieme ad una decina di soldati polacchi fugge dal campo e si nutrirà proprio di olio per giorni.

Un lungo cammino porterà il gruppo in Medioriente. Una traversata per terre lontane a cui non tutti sopravvivono. In Siria i polacchi incontrano gli inglesi. E per Pawel si delinea una vera missione segreta in Romania.

La guerra e le peripezie in tre continenti diversi

La sua missione sotto copertura in Romania è per portare in salvo in Persia famiglie che rischiano di essere deportate. Veste i panni di un agente di commercio. Quando viene scoperto dovrà fuggire.

Così in Libano, a Beirut, vive un breve periodo di pace. Si iscrive all’università ad Economia. Il figlio Domenico ricorda il modo in cui parlava di Beirut, come di un posto paradisiaco. La storia però lo trova di nuovo. Wladislaw Anders sta formando un’armata di polacchi e lui aderisce.

Va in Egitto con gli altri connazionali. Qui conosce anche Winston Churchill. Intanto gli alleati dal Nord Africa stanno preparando una nuova missione.

La Liberazione dell’Italia

Sbarca in Sicilia nel 1943, ma viene ferito. Viene mandato quindi in Puglia, come comandante di una compagnia. Il suo campo è a San Basilio, Comune di Mottola.

Si occupa di logistica e di ricerca dei vettovagliamenti, quindi gira molto tra i comuni, conosce il territorio e stringe amicizie. Fino alla battaglia di Montecassino, per la quale vengono mobilitate le forze polacche. Qui partecipa ad una delle pagine più importanti della storia militare della Seconda guerra mondiale. Tanti suoi compagni muoiono. Alla fine però l’impresa viene compiuta. Anche qui Szost viene ferito durante il durissimo combattimento.

L’amore e la patria

Al ritorno da Montecassino ora può ricominciare la vita. Ha conosciuto una ragazza di Gioia del Colle (Bari), Wanda De Leonardis. È stato amore a prima vista. Forse è davvero destino. Lei per quel nome e per i suoi capelli biondi, fin da piccola era chiamata in paese “la polacca”.

Malgrado la maggior parte dei suoi amici polacchi stiano partendo per il Canada e gli Usa dove li aspettano ben altre possibilità, Pawel decide di sposarla e vivere a Gioia. Si sposa in divisa nel 1945. Quella parte della Puglia gli piace, gli ricorda la sua terra.

Ha presto un figlio, Michele. Ed è da quel momento che inizia a pensare di tornare nell’amata patria. Decide di rischiare, anche se adesso la Polonia è un paese del blocco sovietico. Si sposta con la famiglia, ma il paese in cui sta tornando non è più quello in cui era nato. La sua Polonia lo considera un traditore che ha combattuto con gli inglesi, i nuovi nemici nella Guerra fredda. Dopo essere stato avvisato, grazie alle sue amicizie, fugge nel cuore della notte.  

Le soddisfazioni e gli ultimi anni
Cimitero Polacco, liberare l'Italia
Cimitero polacco di Casamassima

Ritornato a Gioia crea una piccola azienda tessile, dando lavoro a 35 persone. Non è poco per un paese del Mezzogiorno. Ottiene la cittadinanza italiana nel ’70. Quel giorno piange, gli sembra di aver perso per sempre le sue origini. Grazie ad essa però ritorna in Polonia nel ’75 e poi nell’89. Nel 1994 ottiene di nuovo la cittadinanza polacca. Ha ricevuto anche riconoscimenti in Italia e nel suo paese.

Era un uomo mite e scherzoso. Energico. Tutti lo ricordano ancora per il sorriso. «Ha continuato – racconta il figlio Domenico – a pensare in polacco. Tanto è vero che parlava senza l’uso degli articoli, pur avendo vissuto la maggior parte della sua vita in Italia».

Anche quando muore nel 2005 a Gioia del Colle le sue ultime parole sono in polacco. Dopo molte ricerche il figlio Domenico ha tradotto quel messaggio di congedo: “Aspetto l’imbarcazione”. Dopo una vita di grandi avventure, Pawel Szost era pronto ad affrontare con speranza il grande mistero, come una nuova missione.

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