Del caso Schwazer, del doping e di altri veleni. Parte 1

Alex Schwazer da criminale dello sport a eroe romantico e beffato. Le abbiamo viste davvero tutte, si direbbe. Archivieremmo il caso, come molti altri, alla voce “equivoci”. O – volendo – “ipocrisie” dello sport.

Quanti equivoci ridotti alla parolina di 5 lettere… sport. Dal francese “desport”: cioè svago, diporto. E alla torta di tutto quello che viene grossolanamente considerato sport dovremmo tagliare una gran bella parte.

Del resto, se consideriamo le Olimpiadi moderne del 1896 l’anno zero dello sport moderno, e riteniamo il barone De Coubertin il papà del moderno agonismo, già si potrebbe raccontare di cose distorte e banalmente ribaltate. Lo spirito decoubertiniano inteso come i valori romantici della contesa? Ma stiamo parlando di un aristocratico che inventò una gara di poesia per autoproclamarsi campione olimpico…Fatta la legge trovato l’inganno, ecco.

Alex Schwazer, vittima di una vendetta

Scusate la lunga premessa. Torniamo al protagonista del nostro “sfogo”. Prendetelo come una digressione scritta, se volete leggerla.

Che Alex Schwazer sia stato vittima di una vendetta – più che di una congiura – lo abbiamo sospettato fin dal primo giorno. Il campione di Vipiteno ha molti difetti, ma non è un bugiardo. Fino alle estreme conseguenze.

Ne abbiamo le prove fin dalla prima vicenda che lo riguarda. Olimpiadi di Londra 2012, il favorito della 50 km di marcia organizza a sorpresa una conferenza stampa. «Devo confessarvi che ho usato il doping» dice piangendo al mondo. Ecco la prima sclerosi del caso. I dirigenti dello sport italiano lo sapevano? Il suo allenatore lo sapeva? La sua fidanzata di allora lo sapeva?

Le reazioni

Le reazioni dal vertice del Coni a Caroline cherie sono così nette da far pensare che Alex il marciatore abbia spiazzato tutti. Il presidente Petrucci vede titoli cubitali sui giornali di tutto il mondo. «Ha gettato fango sulla nostra immagine» dice sconcertato. Didoni, iridato della sua specialità, carabiniere come Alex, allenatore dell’altoatesino, è indignato: «Non ne sapevo nulla, ha fatto tutto da solo. Aspetto di incontrarlo per avere chiarimenti, sono deluso e arrabbiato». Carolina Kostner viene trascinata in una questione che di sicuro non la riguarda. Tace e ingoia il dolore.

La prima reazione da professionisti della comunicazione riguarda la portata della notizia. Che certamente è eclatante nell’attimo in cui il calcio è fermo e l’attenzione del mondo è rivolta sui Giochi dei Cinque Cerchi.

Galeotta fu quella conferenza…

Alex Schwazer è troppo intelligente per non saperlo. Convocare la conferenza stampa di ammissione di colpa direttamente nei giorni dei Giochi vuol dire essere certi di una ridondanza mediatica internazionale ampia.

È certamente credibile che i vertici dello sport italiano non fossero informati. Ma se lo fossero stati, avrebbero a quel punto consigliato al ragazzo una condotta differente da quella che ha deciso autonomamente di assumere.

Cosa sarebbe stato di una conferenza stampa del campione qualche giorno dopo la fine dei Giochi? Avrebbe goduto della stessa dimensione mediatica ? Possiamo senza ombra di dubbio rispondere di no.

Gli errori di Schwazer

Dunque Schwazer ha commesso due errori. Quello di doparsi e quello di scegliere il momento meno propizio per accusarsi, gettando ombre in questo modo su tutto il sistema sportivo nazionale.

Se a questo aspetto aggiungete l’identikit di un talento naturale che tuttavia sa di esserlo e si comporta di conseguenza (in tanti potrebbero raccontarvi di un narcisismo sviluppatissimo in lui, prima che tutto nascesse), il quadro è quasi completo.

L’ultima scena del primo atto è la squalifica. Quattro anni. Nessuno pensa che Schwazer possa tornare a essere il campionissimo che aveva dimostrato di essere.

Atto secondo

Ma eccoci alla vigilia di Rio. Ai mondiali della specialità a Schwazer più cara. La 50 km. Alex vuole tornare. Ha fatto la scelta più controtendenza che ci possa essere: ha scelto come allenatore Sandro Donati, il nemico giurato dello sport gonfiato, allontanato dalle squadre nazionali di atletica anche per questo motivo.

È un’intuizione geniale. Per competenza e per l’immagine. Il resto lo fa madre natura, Schwazer vince i mondiali, è a un passo dalla sua totale riabilitazione. Ma deve fare i conti con i suoi nemici. Ne ha raccolti in quantità industriale. A quelli nazionali di 4 anni prima si sono aggiunti gli internazionali, per via di parole improvvide, tipo dire che quando ha fatto uso di sostanze vietate non è che poi fosse il solo, nel panorama internazionale…

Mangia la foglia, Schwazer. Al punto da farsi controllare periodicamente a sue spese, e i controlli antidoping non sono esattamente esami per tutte le tasche… Non importa, c’è una guerra in atto.

Atto finale

E in effetti arriva l’atto finale. Un controllo a sorpresa, presunto positivo. Schwazer trasecola, c’è un errore. La congiura è all’atto finale, è il Giulio Cesare di Shakespeare. Non abbiamo i nomi esatti ma molti sospetti sui congiurati. E persino su un possibile “tu quoque”.

Nessuno esce pulito da questa vicenda. Nessuno esce vincitore. Non regge del tutto la teoria della “vittima Schwazer”, perché lui, quando è stato il suo momento, non si è fatto scrupoli, ha sparato nel mucchio.

Non abbiamo prove provate sui complottisti. Di certo Schwazer è stato vittima di un agguato. Avrebbe meritato di partecipare alle Olimpiadi ? Secondo noi, sì. Abbiamo visto inclusi nella squadra Nazionale in passato campioni trattati nel corso di eventi internazionali come “separati in casa” per essersi macchiati di qualcosa di “sconsigliato”, in occasione dei Giochi. Totò Antibo, per esempio. Pagò l’ardire di ammettere il piccolo male alle Olimpiadi con una “esclusione” in presenza, ai mondiali tedeschi di Stoccarda.