La storia di Chico Mendes: una vita per la Foresta amazzonica

Prima di Bolsonaro, la Foresta amazzonica rischiava già di essere abbattuta. Per il Brasile è una storia vecchia, che ha avuto come simbolo di resistenza Chico Mendes. Sindacalista, politico e ambientalista brasiliano, è stato il padre del grande movimento ecologista che ha portato fino al Summit mondiale di Rio, nel ’92. Tra gli anni ‘70 e ‘80 tante persone, come lui, hanno sacrificato la propria vita per difendere la Foresta amazzonica. La sua storia, a differenza di tante altre, ha vinto il passare del tempo grazie alla musica di artisti che hanno scritto per lui: da Paul McCartney con la canzone How Many People, ai Nomadi con Ricordati di Chico. Anche Luis Sepúlveda gli ha dedicato un romanzo: Il vecchio che leggeva romanzi d’amore.

L’infanzia

Francisco Mendes Filho, detto “Chiconasce nel 1944 Xapurí, nello stato amazzonico dell’Acre. Figlio di serigueiros (coloro che estraggono il lattice per la fabbricazione della gomma naturale dall’albero Hevea brasiliensis, comune nell’Amazzonia), impara presto anche lui questo mestiere. Non potendo godere del diritto della scuola, Chico impara a leggere grazie ad un intellettuale che, sfuggito dalla dittatura, si era rifugiato in casa Mendes.

Non si limita però alla sua attività di serigueiro: fin da giovane capisce l’importanza di porre molta attenzione verso le persone e si interessa a far valere i diritti di tutti gli operai come lui.

Le prime lotte

Nel 1970 il governo brasiliano dà l’avvio al piano di integrazione nazionale (PNI) e la foresta inizia ad attrarre costruttori, allevatori di bestiame, compagnie di legname e coloni. I militari incentivano lo sfruttamento dell’Amazzonia e i latifondisti del sud invadono le regioni di Acre e Rondonia, iniziando i grandi disboscamenti.

Chico è consapevole che la gente come lui sarebbe stata schiacciata dalla mondializzazione del mercato. Crede che nessuno debba essere il proprietario delle terre della foresta, ma che tutti abbiano il diritto di procurarsi prodotti come il lattice, sementi oleose, essenze medicinali.

Non può restare indifferente: diventa sindacalista e si impegna con il Movimento Democratico Brasiliano (Mdb), partecipando attivamente alla politica del suo Paese. Nel 1975 organizza un sindacato di lavoratori rurali per difendere l’Amazzonia dall’occupazione dei nuovi arrivati, che non solo distruggono la foresta, ma privano anche i lavoratori dei loro mezzi di sostentamento. Inizia così il Movimento di resistenza pacifica dei serigueiros, cioè la lotta empate: numerosi gruppi di lavoratori rurali formano blocchi umani intorno alle aree di foresta minacciate dai nuovi arrivati. Questo movimento ha degli effettivi riscontri positivi e vengono salvate moltissimi ettari di foresta.

La risposta dei nemici

La rabbia di coloro che vogliono sfruttare le risorse della foresta non si fa attendere: dalla loro parte hanno molti politici corrotti e, soprattutto, assoldano pistoleri che hanno il compito di eliminare gli ostacoli umani.

I suoi nemici riescono a portarlo in tribunale, prima accusandolo di aver ucciso Wilson Pinheiro, leader di un’organizzazione sindacale avversaria e poi con altre due accuse di violenza. Chico Mendes venne assolto in tutti i casi per insufficienza di prove. Altre persone non furono così fortunate: ben 40 possidenti di Xapurí, principalmente indigeni, vennero condannati.

Inoltre, nel 1980 viene assassinato Wilson Pinheiro da Sousa, capo del sindacato dei lavoratori rurali di Brasiléia, organizzatore, insieme a Chico, degli empates.

La lotta continua

Chico Mendes, però, non ha paura e continua con la sua lotta. Nel 1981 partecipa alla fondazione del Partito dei Lavoratori (PT), di cui è stato leader Lula e ad oggi la leader è Gleisi Hoffmann. Nel 1985 viene organizzato il Primo incontro nazionale dei serigueiros e l’attenzione internazionale si concentra sempre di più su Chico come protettore della foresta.

Nel 1987 le Nazioni Unite vogliono verificare direttamente le accuse rivolte agli indigeni dalle multinazionali e mandano una delegazione nella regione di Xapurí. Nel frattempo, negli Stati Uniti si tiene una campagna politica e Chico Mendes viene chiamato a parlare di fronte al Senato. In seguito a questo avvenimento, la Bank of Interamerican Development ritira i propri investimenti in Amazzonia e Chico riceve il premio dell’ONU per la tutela dell’ambiente.

Tuttavia, alla fine del 1988 i contrasti tra Chico e coloro che vogliono sfruttare la foresta amazzonica diventano sempre più aspri, soprattutto con il proprietario terriero e allevatore Darly Alves da Silva.

Il 22 dicembre del 1988 Chico lascia per pochi istanti la sua guardia del corpo, che lo protegge ormai da una decina di anni dopo le diverse minacce ricevute. Mentre è davanti casa, viene colpito da colpi di pistola e muore sul colpo.

Il processo

Dopo varie indagini e molte speculazioni, nonostante i colpevoli fossero ben noti, il sospetto principale cade proprio su Darly Alves da Silva. Dopo due anni, nel dicembre del 1990, viene condannato come mandante dell’omicidio, mentre il figlio, Darci da Silva, viene indicato come esecutore materiale. Entrambi ricevono una condanna a 19 anni. La giustizia per Chico, però, ha vita breve: nel febbraio del 1992 la condanna a Darly Alves da Silva viene annullata dalla corte d’appello statale.

La musica per Chico

Come spesso accade, fortunatamente, la storia di grandi uomini vive attraverso la letteratura e la musica. Sulla scena internazionale, Paul McCartney, nel 1989 pubblica l’album Flowers in the Dirt, con la canzone How many people dedicata a Chico. Il dolore per la perdita di Chico si unisce al dolore per tutti gli altri indigeni che hanno combattuto fino alla fine per la Terra:
“How Many People Never Get A Chance To Shine?” (Quante persone non ottengono mai la possibilità di brillare?)
“How Many People Have Died?” (Quante persone sono morte?)

Anche artisti italiani hanno dedicato delle canzoni a Chico. Nel 1991 i Nomadi hanno pubblicato Ricordati di Chico. Nel brano emerge la potenza del ricordo di Chico; ormai è morto da trent’anni, ma le sue idee sono più vive che mai. Tanti, come lui e tanti altri prima, continuano a combattere per la difesa del proprio territorio, affinché non cada nelle mani dei potenti che la sfrutterebbero solo a scopo di lucro, senza rispettare l’ambiente e tutti gli esseri viventi che da esso dipendono:

“I signori della morte non vogliono capire, non si uccide la vita, la memoria resta. Così l’albero cadendo, ha sparso i suoi semi e in ogni angolo del mondo, nasceranno foreste”.

Nella canzone emerge anche una grande speranza: che questa lotta, prima o poi, abbia fine e che l’uomo impari a convivere con la natura. E tutto questo sarà anche grazie a Chico:

“Ma lunga sarà la strada e tanti gli alberi abbattuti, prima che l’idea trionfi, senza che nessuno muoia, forse un giorno uomo e foresta vivranno insieme, speriamo che quel giorno ci sia ancora. Se quel giorno arriverà, ricordati di un amico morto per gli indios e la foresta, ricordati di Chico.”

Più recente, del 2006, è il brano del gruppo i Gang, dal titolo Chico Mendes. Ascoltando questa canzone sembra quasi di avere Chico davanti gli occhi. È un tributo alla sua vita, che ha sacrificato per il suo bene più prezioso: la foresta.

“Sole diamante sole guerriero, uomo di fango serigueiro, Chico lottava per il sindacato, Chico Mendes lo hanno ammazzato”.

Ricordati di Chico, Nomadi, dall’album “Gente come noi” (1991)

A dicembre 2021 saranno passati 33 anni dalla morte di Chico Mendes. Quanto oggi siamo consapevoli dell’importanza di preservare la Foresta amazzonica e tutto ciò che essa protegge? Quanta importanza diamo alle popolazioni indigene?