Xylella fastidiosa, l’altra epidemia esplosa per i negazionisti

In Puglia erano considerati quasi immortali, prima che si iniziasse a parlare di Xylella fastidiosa (Foto in evidenza di Giuseppe Gabrieli). Gli ulivi millenari con i loro tronchi che sembrano statue, scolpiti dal vento nei secoli, sono un patrimonio di valore inestimabile. Vere testimonianze viventi di una civiltà antichissima e simbolo di questa terra: sulla bandiera regionale svetta un ulivo. Qualcuno aveva proposto perfino la candidatura della piana degli ulivi millenari tra Ostuni (provincia di Brindisi) e Monopoli (provincia di Bari) a patrimonio Unesco. Oggi un killer implacabile e silenzioso sta seminando la morte e la desertificazione, proprio tra questi giganti dalle fresche chiome, che per secoli erano sembrati invincibili.

La Xylella fastidiosa è un batterio che provoca il disseccamento di alcune piante. Esistono diverse ‘varianti’ di Xylella, ognuna delle quali colpisce piante diverse. Si è diffusa in Puglia a partire dal Salento negli anni Dieci e sta causando un danno ambientale e patrimoniale inestimabile, mettendo in crisi uno dei settori più importanti per l’economia del tacco d’Italia. Dopo essersi diffuso nella provincia di Lecce, il morbo ha continuato il suo cammino nella provincia di Brindisi e ha ormai raggiunto i comuni più a Sud della città metropolitana di Bari e del Tarantino.

Leonardo Capitanio, Xylella fastidiosa
Leonardo Capitanio

C’è chi come Leonardo Capitanio, presidente dell’Associazione nazionale dei vivaisti esportatori (Anve) e imprenditore dei Vivai Capitanio, ha denunciato per anni il pericolo di questa epidemia e i ritardi che hanno reso il problema ormai una realtà ineliminabile. Non è un amante delle illusioni e spiega in modo chiaro la situazione:

«Ormai la Xylella non possiamo più eradicarla, avremmo potuto farlo se fossimo intervenuti subito, ma ora possiamo solo rallentarla e contenerla, anche la strategia dello stato va in questa direzione».

Cos’è la Xylella fastidiosa?

«È un batterio che provoca il disseccamento di vari tipi di piante. Esiste in Puglia una variante che attacca e provoca la morte di varie specie tra i quali gli ulivi, i rosmarini, la lavanda e gli oleandri. Ci sono poi piante asintomatiche, che pur infettandosi non seccano: i ciliegi e i mandorli».

Come compromette la vita delle piante?

«Il batterio impedisce alla pianta di nutrirsi, ostruendo i vasi linfatici fondamentali per la vita della pianta».

Come si infettano le piante?

«Attraverso insetti vettori. Il Philaenus spumarius, detta volgarmente Sputacchina, è un insetto che si nutre dello xylema delle piante. Facendolo però trasporta il batterio. Nonostante sia un insetto che si sposta poco (non sono molti i metri che ogni sputacchina compie nella sua vita) ha reso l’avanzata della malattia inesorabile. Soprattutto sono a rischio gli alberi che si trovano lungo le strade più trafficate. L’insetto è capace di posarsi su un’auto o un camion e lasciarsi trasportare per chilometri».

Ci sono cure per la malattia?

«Ad oggi non c’è nessuna cura scientificamente provata».

Cosa si può fare?

«Adottare le buone pratiche agronomiche che rallentano il contagio, cercando di intervenire sull’insetto vettore. La sputacchina vive nell’erba. Arature, diserbo e insetticidi sono fondamentali dunque nella lotta al vettore, in particolare in primavera.

Inoltre sono state istituite le zone di contenimento e cuscinetto, dove si cerca di contenere l’avanzata verso Nord della malattia, attraverso l’eradicazione delle piante che risultino positive. In particolare la zona cuscinetto (larga oggi poco più di 10 chilometri) è una fascia che, partendo da Monopoli sull’Adriatico, incontra lo Ionio a cavallo tra Massafra e Palagiano. Qui tutte le piante infette vengono eradicate insieme alle altre presenti entro un raggio di cinquanta metri, se si tratta di specie (anche asintomatiche) che il batterio potrebbe contagiare».

Perché non si è provato a eradicarla completamente quando eravamo ancora in tempo?

Leonardo Capitanio durante la manifestazione “Sì, combatto la Xylella”

«È la politica che detta la linea. Purtroppo però il politico teme di scontentare qualcuno, quindi inizialmente le istituzioni cercavano di rassicurare tutti. Un giorno sembravano strizzare l’occhio ai negazionisti, l’altro incontravano quelli che manifestavano per chiedere maggiore risolutezza nel combattere la Xylella. Nel frattempo si prende tempo, si sta fermi, purtroppo però la malattia invece ha continuato a camminare».

Perché si sono diffuse tesi complottiste e false notizie su possibili cure miracolose per salvare gli alberi?

«Ignoranza e protagonismo, ma anche interessi economici. Alcuni di questi personaggi, che propagandavano i miracoli di qualche prodotto, lo facevano con il sostegno economico delle aziende che producevano quell’articolo. Questo è stato scoperto».

Perché inizialmente queste cure avevano tratto in inganno?

«Erano prodotti, economicamente molto costosi, che dopavano la pianta, ritardandone il destino. Quegli ulivi, che inizialmente sembravano dare una risposta positiva, oggi sono tutti seccati».

Il risultato è stato di ritardare l’unica risposta possibile. Con ingenti danni economici

Ulivi ammalati da Xylella fastidiosa nel Salento. Foto di Giuseppe Gabrieli

«Molti dicevano all’inizio che quella della Xylella fosse una falsa notizia, dietro la quale si celavano interessi immobiliari, che non sono mai emersi, anzi. Ci sono case che hanno subito pesanti svalutazioni economiche, perché ormai circondate da ulivi secchi.

Oltre al danno ambientale e paesaggistico, le perdite economiche sono state disastrose. Abbiamo perso due miliardi finora sicuramente, mezzo miliardo solo nel settore vivaistico. Io nella mia azienda a Monopoli posso solo trattare piante che non sono tra le specie che il ceppo pugliese della Xylella è in grado di contagiare. Per le altre ho delocalizzato la produzione nel Nord barese».

Come è arrivata la Xylella in Puglia? Anche su questo argomento sono nati tanti complottismi…

«Nessun complotto. È arrivata perché viviamo in un mondo globalizzato, dove merci e uomini si spostano velocemente da ogni parte del pianeta. E così come può capitare che un uomo per questioni lavorative o di altro genere, prendendo un aereo, porti con sé un virus in un Paese lontano dal proprio, così è successo che una pianta venuta da lontano fosse malata. I controlli si fanno, ma sono a campione, quindi sfortunatamente può sempre sfuggire qualcosa. L’importante è che quando rilevi il problema attui gli interventi necessari in modo tempestivo».

Oggi è cambiato qualcosa?

«Dopo un controllo a Canosa è stato rilevato un focolaio in un vivaio lo scorso autunno, fuori dal territorio finora delimitato. Si è intervenuti subito e a quanto pare non sono state infettate altre piante. Le eradicazioni si fanno più velocemente ora. Quest’anno anche le direttive sulle pratiche da adottare sono arrivate per tempo. Inoltre la Xylella in provincia di Bari non cammina più in un territorio dove c’erano vaste porzioni di terreno lasciate a sé stesse, quindi avanzerà più lentamente».

La Xylella arriverà anche in altre regioni italiane?

«È già presente sul monte Argentario in Toscana. Non c’è ragione di pensare che prima o poi non lo incontreremo anche in altre zone del nostro Paese. In Europa è già presente in più paesi con ceppi diversi».

È possibile provare a salvare gli ulivi millenari?

Ulivo secolare
Un ulivo secolare sano nella piana monumentale monopolitana

«Si sta provando ad innestare gli alberi monumentali con i due tipi di ulivi resistenti, gli stessi che vengono piantati nelle zone dove ormai la Xylella ha distrutto i vecchi uliveti. Queste varietà sono la Favolosa (Fs17) e il Leccino. Si stanno investendo un bel po’ di risorse. È un palliativo però, ha un costo e non è detto che salverà questi alberi».

Non è possibile pensare di individuare alcune aree in cui investire più risorse per salvare almeno una piccola porzione del paesaggio della piana degli ulivi?

«Il problema è stato posto, ma è difficile. Si è pensato di scegliere aree pregiate di poche centinaia di metri e provare a difenderle con più attenzione. Sono però zone in cui insistono diverse proprietà private ed è difficile imporre vincoli a proprietari che già da anni lamentano leggi molto penalizzanti per i loro interessi economici. È da quando è stata approvata la legge sulla tutela degli ulivi monumentali, che in molti lamentano i troppi vincoli e obblighi che non hanno prodotto corrispettivi benefici patrimoniali.

Io a mie spese difendo e difenderò, investendo più energie magari di quelle previste per assicurare le buone pratiche obbligatorie, il giardino botanico Lama degli Ulivi a Monopoli, anche senza l’aiuto della mia Regione. Quel pezzo di bellezza di cui sono proprietario, cercherò di tutelarlo. Per il resto del territorio in pericolo non so cosa verrà fatto dalle istituzioni.

Sguardo sulla Piana degli ulivi millenari da Monte San Nicola, Monopoli

In generale credo che riusciremo solo a rallentare l’avanzata della Xylella. Non succederà come nel Salento, dove in pochi anni l’incendio è divampato a una grandissima velocità. Qui una maggiore attenzione porterà qualche risultato. Ci vorrà più tempo dunque e tra cinque anni il nostro paesaggio non si sarà modificato troppo. Tra trent’anni invece probabilmente alla fine le cose saranno cambiate molto. È triste, ma è così».