Timoleonte di Corinto, divulgatore storico dei social

L’autore e divulgatore Costantino Andrea De Luca, in arte Timoleonte di Corinto

Facendo un giro in libreria, è facile notare i libri che provengono dalle pagine dei social network. Ai puristi amanti della letteratura faranno storcere il naso e, in effetti, alcuni di questi sono il prodotto di storielle che i fan inviano in messaggio diretto ai gestori delle pagine stesse, dove il lavoro di scrittura è decisamente basso. Ci sono però le eccezioni e una di queste è senza dubbio Pillole di Storia Antica. Il suo autore è il padovano Costantino Andrea De Luca, classe ’95, su Instagram noto come Timoleonte di Corinto. È un appassionato di storia antica e online è seguito da centinaia di migliaia di persone. Il suo libro, che ha già avuto una ristampa, raccoglie le storie che pubblica su Facebook e Instagram: sono le pillole, come le definisce Costantino, brevi lezioni mai banali e dettagliate,  vicende e curiosità storiche, che vanno dagli albori della civiltà al periodo moderno, ma si concentrano principalmente fra le civiltà mesopotamiche e l’impero romano, con un lavoro di ricerca delle fonti molto approfondito. Per questo, Ventuno ha voluto intervistarlo.

Sei uno studente? O ti sei già laureato?

«Ho da poco concluso la laurea triennale in economia, in ottobre».

Com’è studiare economia quando si è così appassionati alla storia?

«Gli ultimi esami sono stati un bel peso, perché la mia attenzione era ormai totalmente rivolta agli studi storici, alla scrittura, agli eventi. Dover finire economia, che poi è un argomento molto distante dalla mia vita, è stato faticoso, ma l’ho fatto perché ho preferito concludere il percorso per poi dedicarmi alla storia non solo dal punto di vista divulgativo, ma anche universitario».

E gli studi superiori?

«Ho frequentato il liceo scientifico di Padova, ma ho fatto anche un anno all’estero, il quarto. Mi sono diplomato quindi sia nell’high school americana che in quella italiana, perché là dura quattro anni».

Perché hai scelto di studiare economia invece che storia?

«Perché avevo paura, avevo sentito tante testimonianze di laureati in storia che non avevano trovato nessun lavoro nell’ambito. Quindi ho scelto economia. Il primo anno è andato abbastanza bene, frequentavo e passavo gli esami, ma mi sono accorto presto che non mi interessava molto. Così ho iniziato a giocare a poker online. All’inizio era solo un hobby, poi è diventato un lavoro, giocavo seriamente e c’erano molti soldi in palio, quindi ho smesso di frequentare, non andavo agli esami».

E com’è avvenuto il cambiamento?

«Era l’ottobre del 2017, stavo pensando di trasferirmi a Malta, perché i tornei di poker a cui puoi accedere dall’Italia non sono molti. Da là avrei potuto giocare con giocatori di tutto il mondo.  Ma è cambiato tutto quando ho pensato di aprire la pagina di storia su Facebook, è avvenuto per caso: mentre parlavo del più e del meno con un’amica, le ho raccontato di quando Annibale perse un occhio mentre attraversava le paludi dell’Italia. Lei rimase così colpita da quest’aneddoto che mi chiese di raccontargliene altri, uno al giorno, e iniziai a mandargliene per messaggio, scrivendoli direttamente sul telefono. Dopo un paio di mesi, visto che le piacevano tanto, ho pensato di condividerle con tutti, aprendo una pagina Facebook. L’ho chiamata “Una Pillola di Storia Antica al Giorno”, con poca originalità».

La copertina del libro "Pillole di Storia Antica"
La copertina del libro “Pillole di Storia Antica”, edito da Newton Compton
Ha funzionato subito?

«Per i primi dieci giorni non mi ha letto quasi nessuno. Ma, l’undicesimo, una pillola è diventata virale: era quella in cui facevo un paragone tra il reggente spartano, Pausania, e il Cavaliere Oscuro, di Christopher Nolan».

Tu scrivi in un formato adatto ai social, ossia storie brevi, ma con anche diversi collegamenti con film, fumetti…

«Per le mie pillole spesso mi ispiro a film, serie tv o opere d’arte, così da far sentire i lettori più vicini a quelle vicende, cerco di essere diverso dai libri di testo, che per chi non è del settore possono risultare pesanti».

Com’è nato l’amore per la storia?

«È nato da due cose. La prima è che, quando avevo dieci anni, mio padre mi regalò un romanzo, Annibale di David Anthony Durham. Vedendo le imprese del condottiero cartaginese che ha attraversato le Alpi e ha fatto un sacco di gesta incredibili, mi sono appassionato alla storia antica e sono passato da un romanzo all’altro. Poi, dopo le opere di Erodoto, sono passato alle altre opere antiche e da qualche anno leggo solo saggi. Un’altra causa fu il maestro di storia della mia scuola elementare, il maestro Davide, che era davvero bravo e mi fece appassionare».

Pensi di iscriverti ancora all’università, per studiare storia?

«Io ho già deciso, ma non si può passare da una triennale di economia a una magistrale di storia, quindi devo prendere dei crediti. Se va tutto bene, a ottobre di questo anno inizierò la magistrale di Scienze Storiche a Bologna».

Perché hai scelto l’Università di Bologna per ricominciare?

«Perché ho letto i programmi dei corsi delle varie università e quelli di Bologna sono quelli che mi hanno colpito di più. Poi amo la città, sia per la vita culturale che giovanile».

La storia antica comprende migliaia di anni. Come scegli gli argomenti delle pillole?

«È una reazione molto elementare di gioia e stupore. Quando leggo un saggio e mi imbatto in qualcosa di davvero interessante, che mi colpisce, me lo segno per approfondire l’argomento e magari per scriverci una pillola. Però, a volte capita di trovare cose che sembrano interessanti, ma una volta approfondite non sono veramente affascinanti, oppure sono così complicate che non sarebbero riassumibili in una pillola».

Hai scritto centinaia di pillole, ma come controlli le fonti per ognuna? Quanto tempo impieghi per scriverle?

«Ho superato da poco le 600 pillole. In media impiego cinque ore per farne una. Scriverla e cercare l’immagine adatta non impiega molto, è quasi solo un lavoro di ricerca per capire come sia andato davvero l’evento storico, capire come raccontarlo al meglio per renderlo semplice, senza però banalizzarlo o falsificarlo. Io parto quasi sempre da un saggio e comparo le informazioni con quelle presenti in altri saggi. Uso molto i libri che ho in casa, sono tantissimi, fra poco dovrò comprare un’altra libreria. Dopo di che, la ricerca va integrata con fonti online. Ci sono alcuni portali che racchiudano articoli scritti da specialisti, io uso molto jstor. Sono avvantaggiato dal fatto che colleziono opere antiche da molti anni. Se un saggio cita Tacito, Svetonio, Plutarco o Platone, posso controllare immediatamente la fonte principale».

Capita di trovare informazioni false? Ci sono fake del mondo antico?

«Tante.  Ad esempio, una delle più famose è che i romani, dopo aver distrutto Cartagine nella terza guerra punica, si dice che abbiano sparso il sale sulle rovine per fare in modo che non ricrescesse nulla. In realtà non c’è in nessuna fonte antica su questo dettaglio, nessuno storico del tempo accenna a questo. Polibio era là, ha riportato tutti i dettagli della distruzione di Cartagine, ma non nomina niente del genere. Questa vicenda è così popolare che la incontro anche in testi di studiosi affermati, lo danno ancora per scontato. Ho scoperto che la tradizione di spargere il sale sulle rovine delle città distrutte esisteva, ma non nel mondo romano, anche perché il sale valeva moltissimo e non lo avrebbero certo sprecato. Esisteva nel mondo mediorientale, ma anche lì non era comunissimo. Ci sono però passaggi in alcuni testi assiri, anche nella bibbia, di persone che spargono il sale. Nel diciannovesimo secolo si è diffusa questa diceria ed è stata attribuita per errore anche al mondo romano da parte di qualche non specialista. Negli anni 20 fu poi riportato questo fatto in un’enciclopedia di Cambridge, che all’epoca era una delle fonti principali del sapere e da lì si è diffusa ovunque».

Qual è il tuo periodo storico preferito?

«Non saprei, direi quasi tutto il periodo antico: dall’invenzione della scrittura, intorno al 3000 a.c., fino all’avvento di Costantino. Adoro sia i popoli mesopotamici, sia la storia greca e romana. Forse Sparta è il mio argomento preferito».

Studiare greco e latino ha ancora importanza?

«Avendo fatto lo scientifico invece che il classico, ogni tanto mi pesa non sapere il greco e mi dispiace dovermi affidare alle traduzioni altrui. Col latino me la cavo. Però non appartengo alla scuola di pensiero per la quale il latino e il greco sono fondamentali per aprire la mente. Non penso che siano più importanti del russo e del cinese. Le ricerche che faccio online sono su articoli specialistici in inglese. Senza l’inglese non si può fare divulgazione».

Come sei arrivato a pubblicare il tuo libro?

«Inizialmente, quando ancora non avevo tanti follower, avevo deciso di auto pubblicarlo. Le case editrici tengono sempre d’occhio i progetti che ottengono buone vendite da soli, quindi sono stato contattato da quattro o cinque di loro e ho scelto la Newton Compton, perché è presente in tutte le librerie, e abbiamo pubblicato la ristampa».

Scriverai anche libri storici più classici?

«Continuo a scrivere le pillole e il prossimo libro probabilmente sarà un’altra raccolta di quelle pubblicate, ma con tante storie inedite. Poi vorrei scrivere un saggio divulgativo su Sparta, perché in italiano non ci sono molti libri al riguardo. O si trovano saggi troppo tecnici scritti per studenti universitari o romanzi. Ma saggi divulgativi no, ed è il mio genere preferito».

Scriveresti un romanzo storico?

«Non adesso. In futuro probabilmente succederà, ma ormai sono tre anni che leggo solo saggi, è la formula che preferisco».

Gli Angela o Barbero? A chi ti ispiri come divulgatore?

«Ammiro moltissimo tutti e tre. Ascolto tutti i podcast di Barbero, un faro nel mondo della divulgazione italiana. Da bambino guardavo sempre gli Angela, ma anche adesso mi capita di leggere i loro libri, anche se sono per il grande pubblico. Ne ammiro anche tanti altri, come Mario Liverani, che è più conosciuto fra gli studiosi ed è esperto di storia del vicino oriente antico. Io però non aspiro a diventare nessuno di loro, sia perché sono a livelli altissimi, sia perché Barbero, ad esempio, è un professore universitario, mentre io non penso di fare il dottorato. Vorrei buttarmi sulla divulgazione a tempo pieno, fare un percorso di vita diverso. Spero però di incontrarli presto. Avrei dovuto incontrare Barbero ad un festival in Toscana poco prima dell’estate, ma è stato annullato a causa del covid».

Ai tuoi lettori più giovani consigli di studiare storia all’università? Che importanza può avere oggi?

«Questa domanda mi mette in crisi, perché i messaggi che temo di più di ricevere sono quelli dei giovani liceali che mi dicono che grazie a me hanno deciso di iscriversi a Storia o mi chiedono un consiglio. Da un certo punto di vista sono ovviamente contento di dare un esempio, di stimolare allo studio, ma dall’altro ho paura di mandare i giovani studenti al macello. Il lavoro in Italia è pochissimo in questo settore, conosco diverse persone laureate in storia che fanno molta fatica. Io mi sono convinto a perseguire la mia passione perché ho una community numerosa e sto già lavorando, ma sono un’eccezione, non la regola: è chiaro che non tutti coloro che si iscrivono alle facoltà di storia possono pubblicare libri. Io consiglio quindi di iscriversi solo a quelli tanto appassionati, se guardano documentari tutto il tempo, se leggono saggi storici, se parlano di storia con gli amici, e se sono disposti a non accontentarsi del voto all’esame, ma di aprire siti internet, organizzare conferenze, creare associazioni. Lo consiglio a loro perché si vive una vita sola, ma ci vuole prudenza e tanto impegno».