Argentina, verso il primo Mondiale ‘senza’ Diego

Qatar 2022 sarà il primo Mondiale dal 1974 che l’Argentina affronterà senza l’ombra (fisica) di Diego Armando Maradona. E lo stesso campionato del mondo in programma nel paese asiatico dal novembre del prossimo anno rischia di essere l’ultima recita con l’Albiceleste di colui che, stando almeno ai titoli vinti in nazionale, non è mai riuscito a diventare l’erede del Pibe de Oro: Leo Messi

Dunque Qatar 2022 rappresenterà per il popolo argentino un Mondiale dai contenuti tecnici e, ancor più, passionali di proporzioni ‘mistiche’. Perciò, anche se all’appello mancano ancora 22 mesi e la nazionale allenata dal ct Scaloni deve ancora guadagnarsi la qualificazione nell’estenuante girone sudamericano, vale la pena soffermarsi sullo stato dell’arte della Selección. Anche perché il 2021 – non dimentichiamo – sarà l’anno della Copa America, la prova generale del Mondiale. Tornei che l’Argentina e Messi dovranno affrontare sobbarcandosi un enorme peso psicologico. In ‘solitudine’, senza poter contare su una delle pochissime figure, di certo la più mitologica, che abbia dimostrato di saper sostenere certe pressioni. Dal 1978 infatti (anno del primo Mondiale vinto dall’Argentina – proprio a Buenos Aires – e Maradona non fu convocato da Menotti tra vibranti polemiche), Diego è sempre stato un immancabile punto di riferimento, che fosse a dare spettacolo in campo (dal 1982 al 1994, passando per il trionfo del 1986), in panchina (Sudafrica 2010) o sugli spalti. Ora l’Argentina dovrà cavarsela da sola. E Messi dovrà prenderla finalmente per mano.

Argentina, Messi, Maradona

Ma, come detto, la Selección dovrà conquistarsi sul campo l’approdo a Qatar 2022. L’impresa sembra tutt’altro che titanica: mai infatti, da Messico 1970, l’Albiceleste ha fallito l’appuntamento e l’inizio del girone di qualificazione è stato incoraggiante, con 10 punti nelle prime quattro gare. Ecuador e Bolivia sono finite ko di misura (1-0 e 2-1), e al mezzo passo falso col Paraguay (1-1) è seguito lo scorso 18 novembre un successo netto in Perù (2-0). Esattamente una settimana prima della scomparsa di Diego. Difficile immaginare ora come l’Argentina lo commemorerà il prossimo 25 marzo, nella prima gara ufficiale che l’Albiceleste giocherà dopo la sua morte (in casa contro l’Uruguay), a cui seguirà pochi giorni dopo il derby sudamericano per eccellenza, contro il Brasile. Quante occasioni per cominciare ad onorare Maradona. 

Poi, tra il 3 e l’8 giugno, altre sfide niente male con Cile e Colombia, succulenti antipasti della Copa America che la Selección ospiterà proprio in compagnia dei Cafeteros. La formula sarà particolare: girone all’italiana con sei squadre (l’Argentina, in ordine, sfiderà tra Buenos Aires, Cordoba e La Plata Cile, Uruguay, Paraguay, Australia e Bolivia), le prime quattro si qualificano per i quarti, dove incroceranno le quattro superstiti dell’altro girone. Un massacro calcistico alla sudamericana. La finalissima è in programma a Barranquilla, in Colombia, il prossimo 10 luglio. A quel punto Argentina e Qatar 2022 saranno presumibilmente separati ‘solo’ dalle ultime 10 partite di qualificazione. Tanta carne – pardon asado – al fuoco, dunque. Che Messi e i suoi scudieri cercheranno di cucinare in modo morbido e gustoso.

L’ultimo successo? Nel 1993…

Già, ma chi saranno gli scudieri della Pulce? I soliti ‘italiani’ Lautaro Martinez, Dybala, de Paul, Correa. Forse il ‘Papu’ Gomez, Icardi (?) e Rojo. I parigini Di Maria e ParedesAngelito Correa dell’Atletico. I veterani Aguero e Otamendi. I meno conosciuti ma rampanti Quarta e Gonzalez. Tanta, tanta qualità, certo. E non è da escludere che in questi mesi possa spuntare qualche volto nuovo. Ma basterà per interrompere il digiuno di allori, che dura dalla Copa America 1993, o quantomeno per rivivere i fasti della finale di Brasile 2014? Difficile dirlo ora. L’Argentina, per antonomasia, ottiene sempre un posto in prima fila nel borsino dei pronostici, ma i risultati negli ultimi decenni raramente le hanno dato ragione. Spogliatoi incandescenti, cicliche grane con l’Afa (la potente Federcalcio argentina), il braccino corto di Messi nelle gare decisive (mai un gol dagli ottavi in su in quattro Mondiali): sono solo alcuni dei motivi che hanno impedito ad almeno due generazioni di fuoriclasse argentini di vincere qualcosa con la loro nazionale. 

L’ombra del Cholo non fa paura a Scaloni

Ora il ct Scaloni, assieme al suo vice Walter Samuel, sta lavorando molto ad un non facile ricambio generazionale, ma non è neppure sicuro al 100% di sedere sulla panchina Albiceleste nella prossima Copa, visto che in tanti sognano di strappare anzitempo Diego Simeone all’Atletico Madrid. L’apoteosi della garra charrúa, come direbbe un grande estimatore del calcio sudamericano come Lele Adani. E forse l’organizzazione tattica e l’ardore tipici del Cholo sarebbero le armi migliori in una Copa o in un Mondiale per incanalare nel verso giusto il talento immenso di una nazionale che dagli anni Novanta è un’eterna incompiuta. Garra che Messi, forse per la prima volta in nazionale, non ha lesinato due anni fa dopo la finale per il terzo posto della Copa, accusando la Conmebol (la Uefa del Sudamerica) di corruzione per gli arbitraggi del torneo.

Ma convincere ora Simeone è difficile, se non impossibile. Probabile che tutto rimanga com’è. Con l’ex esterno di Lazio e Atalanta a ‘sfruttare’ l’incertezza per restare in sella e continuare il suo lavoro a fari spenti. Come gli era capitato tre anni fa, quando venne prima nominato ct ad interim e poi confermato quasi per inerzia  (e per risultati più che sufficienti). Dopotutto, come in Italia, anche nel paese natale di Papa Francesco nulla è più definitivo del provvisorio e la panchina della Selección scotta come poche altre al mondo, come testimonia il via vai di ct negli ultimi 10 anni (dopo Maradona e prima di Scaloni, Batista, il compianto Sabella, Bauza, Martino, Bauza e Sampaoli). Specie se bisognerà guidare Messi (che in Qatar avrà 35 anni e mezzo) nel suo ultimo (?) Mondiale. Il primo da decenni senza Diego.